Guido Carli, “Intervista sul capitalismo italiano”, a cura di Eugenio Scalfari, edizioni Laterza, giugno 1977.
“Dal ’70 in poi gli investimenti fissi lordi rispetto al reddito sono stati i più bassi della Comunità europea eccezion fatta della Gran Bretagna, e l’anno scorso hanno toccato il livello più basso degli ultimi venti anni. Credo che,per riguadagnare il tempo perduto e per colmare le distanze iniziali, non basterà l’opera di una generazione, ammesso che essa sia disposta a dedicarsi interamente a questo compito gigantesco.
Oltre alla perdita di terreno per quanto riguarda l’accumulazione del capitale, gli investimenti, le conoscenze tecnologiche, siamo andati paurosamente indietro nella preparazione culturale degli individui. La nostra scuola gira a vuoto; i giovani che escono da essa non trovano sbocco, ma quand’anche lo trovassero non sarebbero in grado di corrispondere alla domanda di competenze che proviene dal mondo produttivo. Insomma:un paese da rifare. Da cima a fondo”.
Parole del giugno 1977, trentaquattro anni fa. Le dedico ai nostalgici sognatori della Prima Repubblica, ai cultori del consociativismo che ci ha portati alla situazione di oggi. Accusate pure il Caimano, “male assoluto e causa della nostre odierne disgrazie”, ma non prendeteci in giro – ad esempio – con i vostri discorsi sul ritorno al proporzionale e con l’Eldorado del tempo di “Checca e Nino” L’Italia, esclusi gli anni della ricostruzione, ha iniziato il suo declino da più di quarant’anni.
Cosa vanno cianciando coloro che, volutamente o no, hanno rimosso la memoria storica dei fatti e della politica? Coloro che pretendono di venderci merce avariata e scaduta come fosse uscita dalla fabbrica un minuto fa. C’è un limite a tutto ciò; superato il quale potrebbe succedere anche il peggio.
Guglielmo Donnini