La Direzione Investigativa Antimafia sta eseguendo la più cospicua confisca di beni mai effettuata in Italia, che colpisce al cuore l’aria grigia di “cosa nostra”. I beni confiscati ammontano ad oltre un miliardo e trecento milioni
ROMA – La Direzione Investigativa Antimafia sta eseguendo la più cospicua confisca di beni mai effettuata in Italia, che colpisce al cuore l’aria grigia di “cosa nostra”. I beni confiscati ammontano ad oltre un miliardo e trecento milioni. L’operazione di mega-confisca, che, oltre la Sicilia, sta interessando Lombardia, Lazio e Calabria, colpisce i beni formalmente riconducibili al “re del vento” Vito Nicastri, alcamese, cinquantasettenne, personaggio leader nel settore della produzione alternativa dell’energia elettrica, segnatamente fotovoltaico ed eolico.
I BENI CONFISCATI – Quarantantatre tra società e partecipazioni societarie; 98 beni immobili (palazzine, ville, magazzini e terreni); 7 beni mobili registrati (autovetture, motocicli ed imbarcazioni); 66 disponibilità finanziarie. questo il bilancio dela maxi confisca appena ultimata dalla ìDirezione Investigativa Antimafia (dia) di Palermo per un valore superiore a 1,3 miliardi di euro – in assoluto il più consistente mai operato nel nostro PAese – ai danni del patrimonio di Vito Nicastri. Il 57enne di Alcamo, affermato imprenditore nel settore della produzione alternativa dell’energia da fotovoltaico ed eolico risulta infatti in “relazioni con numerosi e qualificati esponenti mafiosi, con elementi legati a cosa nostra” capaci di interferire a suo favore anche in sede giudiziaria.
IL LEGAME STRETTO CON LA MAFIA – Il provvedimento di confisca è stato emesso dal tribunale di Trapani e scaturisce dalla proposta d’iniziativa del direttore della dia, Arturo De Felice, che, attraverso articolate indagini economico-patrimoniali nei confronti dell’imprenditore alcamese, ha consentito di ricostruire il fitto reticolo patrimoniale degli ultimi trent’anni e di rilevare, altresì, l’esistenza di una consistente sperequazione tra i beni posseduti ed i redditi dichiarati.
GLI AFFARI “SPORCHI”NELL’EENERGIA PULITA – L’attività imprenditoriale del Nicastri – spiega la Dia – è quella dello sviluppatore, figura professionale tipicamente italiana che consiste nella realizzazione e nella successiva vendita, chiavi in mano, di parchi eolici, con ricavi milionari, considerato che ogni megawatt (mw) prodotto è venduto a circa 2 milioni euro. Parallelamente, in tutte le vicende nelle quali è stato coinvolto, è emersa una “vicinanza” del Nicastri a noti esponenti mafiosi, “che qualifica la condotta dello stesso, anche alla luce di numerosi pronunciamenti giurisprudenziali della corte suprema, sintomatica di una contiguità consapevole e costante agli interessi della associazione mafiosa, o di una disponibilità a rendersi all’occorrenza partecipe di condotte agevolatrici della predetta organizzazione”, scrive la Dia.
IL PRESTANOME DEI BOSS – La valenza assunta dall’imprenditore trapanese nell’ambito di “cosa nostra” trova riscontro anche nell’interessamento alle vicende imprenditoriali del Nicastri dei noti boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo, come rilevano i “pizzini” rinvenuti in occasione del loro arresto. Il Nicastri era già risultato coinvolto nell’operazione di polizia “eolo”, che ha svelato il coinvolgimento di cosa nostra nel lucroso affare della realizzazione delle centrali eoliche nella provincia di trapani. Ha intrattenuto rapporti con soggetti della consorteria mafiosa del trapanese, molti dei quali ritenuti vicini a Matteo Messina Denaro, ancora latitante. Nel corso delle indagini sono state rilevate, altresì, relazioni con le consorterie criminali operanti nel messinese, nel catanese ed anche con la ‘ndrangheta calabrese, in particolare con le ‘ndrine di plati’, San Luca ed Africo del reggino, aspetti questi che caratterizzano in modo significativo il contesto in cui l’aggressione patrimoniale odierna si inserisce.
RECORD DI BENI CONFISCATI – La confisca record dei beni a nicastri si aggiunge agli ultimi sequestri operati dalla dia nel territorio trapanese, che stanno notevolmente impoverendo il potere economico di Matteo Messina Denaro, capo mafia latitante ritenuto ‘dominus’ del trapanese. Il provvedimento odierno contiene anche l’applicazione della misura di prevenzione personale nei confronti di Nicastri la sorveglianza speciale con obbligo di dimora nel comune di residenza (Alcamo), per tre anni.mercoledì, 03 aprile 2013
I BENI CONFISCATI – Quarantantatre tra società e partecipazioni societarie; 98 beni immobili (palazzine, ville, magazzini e terreni); 7 beni mobili registrati (autovetture, motocicli ed imbarcazioni); 66 disponibilità finanziarie. questo il bilancio dela maxi confisca appena ultimata dalla ìDirezione Investigativa Antimafia (dia) di Palermo per un valore superiore a 1,3 miliardi di euro – in assoluto il più consistente mai operato nel nostro PAese – ai danni del patrimonio di Vito Nicastri. Il 57enne di Alcamo, affermato imprenditore nel settore della produzione alternativa dell’energia da fotovoltaico ed eolico risulta infatti in “relazioni con numerosi e qualificati esponenti mafiosi, con elementi legati a cosa nostra” capaci di interferire a suo favore anche in sede giudiziaria.
IL LEGAME STRETTO CON LA MAFIA – Il provvedimento di confisca è stato emesso dal tribunale di Trapani e scaturisce dalla proposta d’iniziativa del direttore della dia, Arturo De Felice, che, attraverso articolate indagini economico-patrimoniali nei confronti dell’imprenditore alcamese, ha consentito di ricostruire il fitto reticolo patrimoniale degli ultimi trent’anni e di rilevare, altresì, l’esistenza di una consistente sperequazione tra i beni posseduti ed i redditi dichiarati.
GLI AFFARI “SPORCHI”NELL’EENERGIA PULITA – L’attività imprenditoriale del Nicastri – spiega la Dia – è quella dello sviluppatore, figura professionale tipicamente italiana che consiste nella realizzazione e nella successiva vendita, chiavi in mano, di parchi eolici, con ricavi milionari, considerato che ogni megawatt (mw) prodotto è venduto a circa 2 milioni euro. Parallelamente, in tutte le vicende nelle quali è stato coinvolto, è emersa una “vicinanza” del Nicastri a noti esponenti mafiosi, “che qualifica la condotta dello stesso, anche alla luce di numerosi pronunciamenti giurisprudenziali della corte suprema, sintomatica di una contiguità consapevole e costante agli interessi della associazione mafiosa, o di una disponibilità a rendersi all’occorrenza partecipe di condotte agevolatrici della predetta organizzazione”, scrive la Dia.
IL PRESTANOME DEI BOSS – La valenza assunta dall’imprenditore trapanese nell’ambito di “cosa nostra” trova riscontro anche nell’interessamento alle vicende imprenditoriali del Nicastri dei noti boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo, come rilevano i “pizzini” rinvenuti in occasione del loro arresto. Il Nicastri era già risultato coinvolto nell’operazione di polizia “eolo”, che ha svelato il coinvolgimento di cosa nostra nel lucroso affare della realizzazione delle centrali eoliche nella provincia di trapani. Ha intrattenuto rapporti con soggetti della consorteria mafiosa del trapanese, molti dei quali ritenuti vicini a Matteo Messina Denaro, ancora latitante. Nel corso delle indagini sono state rilevate, altresì, relazioni con le consorterie criminali operanti nel messinese, nel catanese ed anche con la ‘ndrangheta calabrese, in particolare con le ‘ndrine di plati’, San Luca ed Africo del reggino, aspetti questi che caratterizzano in modo significativo il contesto in cui l’aggressione patrimoniale odierna si inserisce.
RECORD DI BENI CONFISCATI – La confisca record dei beni a nicastri si aggiunge agli ultimi sequestri operati dalla dia nel territorio trapanese, che stanno notevolmente impoverendo il potere economico di Matteo Messina Denaro, capo mafia latitante ritenuto ‘dominus’ del trapanese. Il provvedimento odierno contiene anche l’applicazione della misura di prevenzione personale nei confronti di Nicastri la sorveglianza speciale con obbligo di dimora nel comune di residenza (Alcamo), per tre anni.mercoledì, 03 aprile 2013
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