Mons. Viganò: Draghi efficiente esecutore dell’agenda globalista

Carlo Maria Viganò

ET CONCULCABIS LEONEM ET DRACONEM
Super aspidem et basiliscum ambulabis,
et conculcabis leonem et draconem. (Ps. 90, 13)

I liberi pensatori, sino al secolo scorso, potevano propagandare le proprie idee intrise di principi massonici e di retorica perché il corpo sociale non era liberale; potevano rimanere sul sagrato delle chiese, la domenica mattina, mentre le loro donne e i loro figli assistevano alla Messa, andavano a catechismo, venivano istruiti dalla Chiesa e dallo Stato ai principi morali e ai valori condivisi dell’onestà, del senso del dovere, dell’amor patrio. Potevano mandare a morire in guerra milioni di giovani vite, in nome di ideali che ancora erano legati ad un mondo essenzialmente cristiano, anzi profondamente cattolico e romano: quel mondo in cui i nostri soldati al fronte recitavano il Rosario, pregando per i propri cari e per la cara Italia, terra benedetta dalla Provvidenza, culla della civiltà e sede del Papato. Ma quei principi liberali e massonici, pur denunciati dai Pontefici e combattuti da Vescovi, predicatori e teologi, sono riusciti a far breccia nella nostra società, soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale ed ancor più dopo il nefasto Sessantotto.

Ci siamo così ritrovati, per il necessario e inevitabile ricambio generazionale, ad avere un’intera classe dirigente che è stata formata alla scuola del libero pensiero, all’ideologia massonica, all’indifferentismo religioso, alla laicità dello Stato e alla conseguente crisi morale del Paese. Decenni di indottrinamento hanno cancellato l’eredità religiosa e morale dell’Italia, portando gli Italiani a vergognarsi di un passato glorioso e a rinnegare duemila anni di Cristianità.

Doveva essere una scelta di progresso, senza privilegiare la verità a discapito dell’errore, senza riconoscere il primato del bene sul male, senza imporre leggi e dottrine con la forza ma promuovendone l’applicazione con la scelta consapevole; ci ritroviamo una Nazione corrotta, che approva il concubinato e l’aborto, promuove la sodomia e la perversione, riconosce diritti al crimine e deride o addirittura condanna l’onestà, la rettitudine, la virtù.

In nome della tolleranza ci è stato chiesto di consentire legittimità al male, rassicurandoci che comunque il bene non sarebbe stato ostacolato: oggi lo Stato garantisce e tutela il male ed è giunto a vietare il bene.

Si possono commettere i crimini più abominevoli, come uccidere una creatura innocente nel ventre materno o l’anziano inerme e il malato terminale nel letto d’ospedale, ma è proibito difendere la vita, la famiglia, la Religione.

D’altra parte, l’essenza del liberalismo – che, ripeto, è l’applicazione politica e sociale dei principi della Massoneria – risiede proprio nel disarmare progressivamente la maggioranza dei buoni, e al contempo nel sostenere e rafforzare la minoranza dei corrotti, sotto il pretesto di una presunta quanto assurda parità di diritti. Eppure non dovrebbe essere così difficile, se si usasse un po’ di raziocinio, comprendere che la sola idea di uguaglianza è assurda, perché presuppone un appiattimento delle differenze, un’omologazione delle diversità che di fatto finisce col cancellare ciò che viceversa dovrebbe rendere il corpo sociale – e quello ecclesiale per coerenza – efficiente in tutte le sue membra, diverse ma armonicamente connesse.

Pretendere che un piede possa vedere o che una mano possa ascoltare, o ridurre le funzioni degli organi al minimo comun denominatore è un’operazione assurda e sciagurata, come lo sarebbe pretendere che in un’automobile la frizione svolga la funzione delle ruote o che il motore faccia il lavoro dei fari. Eppure nella cosa pubblica si lascia comandare chi non è costituito in autorità, si permette di definire famiglia un’unione che per natura è destinata alla sterilità del vizio, si riconosce il diritto di decidere se una legge sia giusta non a chi ha la saggezza e la prudenza di farlo, ma a chi antepone il proprio interesse particolare al bene comune. E si finisce con l’adorare il vitello d’oro rifiutando il culto esclusivo al Dio vivo e vero. In questo la democrazia rivela la sua debolezza, dal momento che pone come postulato una bontà innata nella moltitudine, che viceversa è incline al male e al peccato e che ha bisogno di esser guidata da un’autorità che abbia come modello valori trascendenti.

Questa corsa verso il baratro ha i chiarissimi connotati della nemesi, punizione di una hybris che non conosce freni, che sfida il Cielo, che nella vertigine della ribellione e del caos rifiuta ogni gerarchia e ogni ordine impresso dal Creatore e Signore di tutte le cose. Solo così possiamo comprendere le decisioni scellerate dei governanti, dalla gestione dell’emergenza pandemica all’indiscriminata accoglienza degli immigrati clandestini; solo così riusciamo a vedere la follia che unisce in un unico disegno fatti apparentemente scollegati tra loro. Cercare una qualche ragionevolezza nelle parole del sedicente esperto che impone le mascherine per proteggere la popolazione da un virus influenzale, o nell’ordine dell’autorità di chiudere le scuole e i ristoranti mentre sui mezzi pubblici i cittadini sono costretti a viaggiare stipati asseconda questa follia, riconoscendole una razionalità e una logicità che non può avere.

Così come è assurdo contestare la presunta inevitabilità dei prestiti che l’Italia dovrebbe richiedere all’Unione Europea, dopo che questa – con modalità criminali degne dei peggiori usurai – ha creato scientificamente le premesse sociali ed economiche della crisi economica. È altrettanto assurdo chiedersi perché le cure per il Covid siano boicottate per favorire cosiddetti vaccini sperimentali realizzati con feti abortivi e dagli effetti ancora ignoti, quando è evidente che la pandemia è stata pianificata con lo scopo da un lato di arricchire spropositatamente la lobby farmaceutica e dall’altro di imporre misure di controllo altrimenti inaccettabili.

Ma se questo nostro atteggiamento costruttivo e aperto al confronto poteva in qualche modo esser giustificato e scusato fino a qualche anno fa in nome di una parziale comprensione del quadro globale, oggi esso rischia di degenerare in una sorta di complicità ottusa, perché la presunzione di buonafede da parte dei nostri interlocutori è stata ampiamente sconfessata. Le vicende recenti della crisi del governo Conte bis e la fiducia accordata al governo del Presidente Draghi non fanno eccezione, e se non stupisce il generale entusiasmo dei partiti anche della cosiddetta opposizione, lascia sconcertati il consenso delle vittime alla nomina di un carnefice ben peggiore dell’avvocato di Volturara Appula.

Pare anzi che l’avvento del cinico tecnocrate sia stato salutato con sollievo, dopo un anno di reboanti proclami e plateali fallimenti del predecessore e di tutta la sua grottesca accolita di impresentabili. Se infatti vi è stato chi fino a ieri deplorava la pessima gestione della pandemia a colpi di DPCM tanto illegittimi quanto devastanti, oggi l’efficienza nel perseguimento del medesimo piano sembra rappresentare un miglioramento, come se il condannato a morte si rallegrasse della migliore affilatura della lama della scure, mentre abbassa consenziente il capo sul ceppo per ricevere il colpo del boia.

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One thought on “Mons. Viganò: Draghi efficiente esecutore dell’agenda globalista

  1. condivido pienamente quanto scrive Mons. Viganò, che secondo me è un grande personaggio

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