di Alessandra Benignetti – www.ilgiornale.it – Amina, Esmeralda, Noemi. Bambine e ragazze costrette a vivere attaccate ai macchinari, assistite 24 ore su 24 da infermieri e genitori. Sono quasi 600 in tutto il Lazio le famiglie che devono accudire malati gravissimi e che ora devono fare i conti con la decisione della Regione governata da Nicola Zingaretti di ridurre il numero di ore al giorno dedicate all’assistenza domiciliare.
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Non più 24 ma 9 al massimo, in cui si alterneranno infermieri e personale socio-sanitario. Una rimodulazione dell’assistenza che, denunciano le associazioni delle mamme e dei papà, avrà un impatto devastante sulla vita di intere famiglie. “Stiamo vivendo dei momenti di ansia e preoccupazione, perché con il decreto dello scorso dicembre quello ci veniva garantito finora sembra non lo sia più”, ci dice Serena Troiani, la madre di Esmeralda Fortuna. Lei e suo marito sono portatori sani di una malattia genetica degenerativa gravissima, il TPI deficit.
“Bambini come lei hanno necessità di essere ventilati ed alimentati artificialmente, e nel suo caso specifico c’è spesso bisogno di trasfusioni perché il suo sistema immunitario è molto delicato”, ci spiega. Mamme come lei ormai padroneggiano le nozioni mediche e le tecniche degli infermieri. È la vita che, loro malgrado, li ha portati a specializzarsi. “Da soli però è impossibile occuparsi di questi pazienti che necessitano di assistenza continua da parte di personale qualificato”, aggiunge. Questo, per Serena, è quello che succederà con la rimodulazione dei servizi decisa dall’assessorato alla Sanità.
“Ci sentiamo abbandonati – si sfoga – e non capiamo come mai vogliano colpire proprio chi già quotidianamente deve fare i salti mortali per raggiungere un equilibrio”. “Pur avendo previsto uno stanziamento economico maggiore per allargare la platea degli aventi diritto all’assistenza domiciliare, di fatto la Regione taglia sull’assistenza ai malati che ne hanno più bisogno”, denuncia Chiara Colosimo, consigliere regionale di Fratelli d’Italia, che si è fatta portavoce di molte delle famiglie che hanno intrapreso questa battaglia.
Nel giro di poche settimane sono state lanciate petizioni e creati gruppi sui social per chiedere “l’annullamento del decreto in base al principio di continuità e non interruzione delle cure”. Rita Basso, la mamma di Amina, una ragazza di 36 anni immobilizzata da un’encefalopatia post attinica, è una delle animatrici del gruppo Facebook Fiere per Forza, che riunisce i genitori che si stanno battendo affinché la Regione faccia un passo indietro.
“Ho chiesto l’assistenza domiciliare h24 nel 2008 e sono riuscita ad ottenerla soltanto nel 2016 dopo una lunga battaglia legale – ci racconta – adesso, a causa del nuovo decreto, rischio di perdere l’indennità di accompagnamento”. “Cinquecento euro fondamentali per comprare farmaci e materiali per le medicazioni”, aggiunge questa mamma coraggio, che da quando sua figlia si è ammalata ha dovuto rinunciare a lavorare per starle vicino.
“La giunta Zingaretti vuole trasformare l’assistenza domiciliare in una specie di spesa al supermercato, con diversi pacchetti da scegliere a seconda di quanto le persone stanno male”, attacca Chiara Colosimo. “La verità – continua la consigliera del partito di Giorgia Meloni – è che questa riforma tiene conto soltanto degli interessi di società e cooperative che erogano i servizi e incassano dalla Regione”.
A rispondere alle critiche è proprio l’assessore alla Sanità, Alessio D’Amato, che sull’onda delle polemiche ha convocato per domani una riunione con i rappresentanti delle principali associazioni di pazienti. Da via della Pisana, in una circolare diffusa nei giorni scorsi, avevano assicurano che non sarebbe cambiato nulla. Ma le Asl, assicurano i genitori, starebbero già attuando quelli che si configurano come veri e propri tagli.
“Quello che vogliamo è che la Regione ritiri il decreto di Zingaretti e che venga aperto un tavolo tecnico per ridisegnare insieme a noi l’assistenza domiciliare nel miglior interesse dei malati e delle loro famiglie”, scrivono le famiglie su Facebook. “Toglierci ore di assistenza vuole dire infierire sul nostro dolore di genitori costretti a vedere i nostri figli soffrire ogni giorni in un letto o su una sedia a rotelle”, attacca Emmanuel Mariani, il papà di Noemi, una ragazza di 15 anni invalida al 100 per cento a causa di un errore medico.
Noemi passa la sua giornata all’interno di una cameretta rosa, tra i peluche e le foto con le sorelline. La sua routine è scandita da aspirazioni, fisioterapia, alimentazione artificiale. “All’assessore chiedo di venire nelle nostre case a vedere come viviamo, e poi di passarsi una mano per la coscienza”, sbotta Emmanuel. E sul decreto non ha dubbi: “Spazza via i nostri diritti e per questo va annullato”.