Centro Italia, terremotati ancora nei container di lamiera

“A Ussita, in provincia di Macerata, ci sono ancora i Mapre, modulo abitativo provvisorio rurale di emergenza, come a Mosul in Iraq nei campi profughi”. Maria Teresa Nori segretario regionale delle Marche di Federcontribuenti, ha portato la vicenda di Silvia Bonomi, allevatrice e titolare della ‘Sopravissana dei Sibillini’.

Silvia è una delle imprenditrici agricole più attive nel territorio: è rimasta per preservare un tipo di razza ovina, invidiata in tutto il mondo, la Sopravvissana. Questa donna con il suo compagno e la sua mamma costrette a vivere in quattro pareti di lamiera alimentate totalmente ad energia elettrica. Questa non è Italia”.  “È passato un altro inverno nei Mapre – spiega una nota diffusa dall’associazione Federcontribuenti nella quale si riporta la denuncia di Nori – le strutture assegnate in alternativa alle Sae (Soluzioni Abitative di Emergenza) alle famiglie di allevatori del Centro Italia terremotato del 2016. Tre anni trascorsi in un container, nelle zone montane terremotate, non sono il massimo”, ha raccontato Nori. Ad Ussita, ha spiegato ancora, “Silvia Bonomi, dopo l’episodio risalente allo scorso dicembre, in cui lei e la sua famiglia rimasero 17 ore senza energia elettrica, unico mezzo di riscaldamento consentito in queste strutture, era riuscita, dopo una denuncia mediatica forte, a conoscere l’iter regolare per poter richiedere la sostituzione del modulo Mapre con un modulo in altro materiale, qualora fosse riuscita ad ottenerlo in donazione”.

Burocrazia lumaca, 4 mesi per le utenze – – “Il miracolo, ora, sembra arrivato: qualcuno si è fatto avanti – ha fatto presente Nori – mostrando la disponibilità a voler aiutare questa famiglia, consentendole di passare i lunghi anni in attesa della ricostruzione in una struttura di legno, adeguata alle temperature e salubre dal punto di vista abitativo. La paura, ora però, è che inizi una lunga sequenza di rimpalli tra autorizzazioni e permessi, la stessa che ha subito la ragazza per la delocalizzazione della propria azienda agricola e che non le ha permesso, nonostante la stalla fosse terminata a dicembre 2018, di potervi riparare gli animali, perché la richiesta di fornitura delle utenze ha trovato riscontro solo ad Aprile 2019, quattro mesi dopo, in primavera”.

Una umiliazione dietro l’altra, una difficoltà dopo l’altra. Solo chi vive all’interno di queste scatole di lamiera può capire sulla loro pelle cosa si tratta in cui la condensa e le muffe la fanno da padrone. Poi le istituzioni arrivano in elicottero e dicono: ‘tutto a posto’. Troppo facile. L’emergenza non finirà mai”.

“Ci sono miliardi a disposizione per la ricostruzione – ha continuato Maria Teresa Nori – e nessuno fa nulla. Abbiamo un commissario di governo e un sottosegretario di governo che giocano a ping pong a distanza tra i loro uffici”.

Intanto i terremotati del Centro Italia sono pronti a tornare a Roma a manifestare in piazza il prossimo sabato 18 maggio. “Siamo stanchi di passerelle e selfie” spiega Francesco Pastorella del coordinamento dei comitati.

“La ricostruzione è inesistente, il modello è imploso su se stesso perchè inadatto. Da 2 anni e mezzo chi aveva un lavoro non lo ha più. Migliaia di posti di lavoro, aziende artigiane, agricole, commercianti, costretti a chiudere con pochissime possibilità di riaprire”.

“Non abbiamo bisogno di grandi opere inutili ma di un aiuto concreto a ricostruire e rigenerare la bellezza dei nostri luoghi e la ricchezza che ne deriva per l’italia intera -conclude Pastorella- Siamo stanchi di un Governo assente che promette e non mantiene e lascia al proprio destino un territorio cosi vasto dell’Italia centrale tra Marche-Umbria-Lazio-Abruzzo”.

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