“Uno scandalo legale”. Così ha commentato la sentenza di condanna a 8 mesi di carcere (sei per omosessualità e due per falsa testimonianza) nei confronti di un 22enne tunisino da parte del Tribunale di Sfax, Badr Baabou dell’Associazione tunisina per la giustizia e l’uguaglianza (Damj). Si è conclusa dunque con un verdetto di condanna in primo grado la vicenda di Anas F., aggredito, violentato e derubato il 2 gennaio scorso da un uomo, che aveva conosciuto su Facebook, e da un complice. Recatosi, lo stesso giorno, alla stazione di polizia di Sidi el Bhari per sporgere denuncia, il giovane venne arrestato per omosessualità e poi sottoposto a test anale.
Sentenza di condanna a 8 mesi di reclusione anche per i due assalitori del giovane (sei per omosessualità e due per rapina). La denuncia arriva da varie associazioni a difesa dei diritti Lgbt, quali Shams e Damj, ma anche da Human Rights Watch, che oltre a chiedere la liberazione di Anas mettono ancora una volta sotto accusa la Tunisia per la previsione del suo art. 230 del Codice penale che punisce i rapporti omosessuali e il persistere del ricorso a test anali forzati nonostante nel 2017 il governo tunisino, si fosse impegnato al Consiglio per i diritti umani dell’Onu di porre fine a una pratica assimilata alla tortura.
Il giorno della condanna di Anas, All Out, movimento transnazionale Lgbt, ha fatto pervenire al primo ministro tunisino Youssef Chahed oltre 25.000 firme, raccolte attraverso una specifica campagna realizzata insieme a Shams per chiedere l’immediata scarcerazione del giovane. Ora la parola passa ai giudici di appello. ansamed