Arabia Saudita: immenso database delle donne per impedire la fuga

Riyadh (AsiaNews.it) – Le autorità saudite hanno creato un immenso database sulle donne del Paese, che viene utilizzato dai loro parenti maschi – il padre, il marito, il figlio – per tracciare i loro movimenti e stroncare sul nascere ogni possibile tentativo di fuga. Riyadh intende dunque puntare sulla tecnologia, per continuare a reprimere la lotta per la libertà e i diritti delle rappresentanti dell’universo rosa. Attivisti e ong pro diritti umani definiscono il sistema di monitoraggio, emerso da un’inchiesta di Insider, un “prolungamento in rete” delle leggi sulla tutela maschile.

Un archivio che esiste da anni e rafforzato di recente, in seguito alla vicenda della 18enne Rahaf Mohammed al-Qunun, in fuga dalla famiglia di origine – dopo aver abbandonato l’islam – per il timore di essere uccisa. Bloccata per giorni in Thailandia in attesa di un visto per l’Australia, la sua storia ha conquistato le prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Dopo un braccio di ferro durato giorni, l’Onu le ha concesso lo status di rifugiata e il Canada l’ha accolta sfidando le ire di Riyadh.

Del resto in Arabia Saudita le donne continuano a essere represse per il loro attivismo e a poco sono valse le tanto sbandierate “riforme” del principe ereditario Mohammad bin Salman (Mbs), fra cui la fine del divieto di guida. La tutela maschile viene considerata come una forma di apartheid di genere, che lega al donna al proprio “guardiano” uomo. Essa trova applicazione tanto online e sui social, quanto nella vita reale.

Il sistema di guardia digitalizzato funziona grazie all’ausilio di una app per cellulari chiamata Absher, il predicatore in lingua araba, che consente fra gli altri di pagare multe o rinnovare la patente, interagendo in modo diretto con il ministero degli Interni. Il sistema – poco conosciuto fra i media occidentali – contiene al suo interno un registro delle donne del regno e i mezzi per vietare loro di viaggiare all’estero o catturarle nel caso di un tentativo di fuga. I confini nazionali sono infatti integrati con questo sistema e, in caso di tentativo di uso del passaporto (autorizzato o meno), partono degli sms di allerta. In questo modo i guardiani maschi possono stabilire quando, da quali aeroporti e per quanto tempo le donne sono autorizzate a viaggiare, intrappolandole – di fatto – in Arabia Saudita. Il fenomeno ha assunto una rilevanza notevole, considerando che ogni anno almeno 1000 donne cercano di fuggire; Absher ha consentito di catturare la gran parte di loro, ben prima che potessero lasciare il Paese.

Fra le tante storie di fuga, Insider racconta quella di Shahad al-Mohaimeed che ha approfittato di una vacanza con la famiglia in una località turistica turca sul mar Nero per far perdere le proprie tracce. La giovane è uscita dall’albergo in piena notte, dopo aver preso con sé i cellulari dei parenti/guardiani per evitare di essere scoperta. Oggi vive a Tbilisi, in Georgia, e racconta che “quando decidiamo di andarcene, scegliamo di mettere le nostre vite in pericolo. Perché se non riusciamo, le nostre famiglie ci uccideranno”. Non vi è alcuna forma di sostegno “per chi viene maltrattato”, conclude, anche quando “viene denunciato, la polizia è sempre dalla parte dell’uomo”.