A tenerle in vita sono le donazioni dei privati, delle aziende, le sovvenzioni istituzionali e le campagne di crowdfunding. Le ong vivono di questo, ma anche di tutti quei soldi che vengono stanziati dall’Unione europea e che rappresentano un giro di circa 11,3 miliardi di euro. Una fetta enorme di denaro che è stata pianificata dalla Commissione Ue nel periodo 2014-2017, la cui esecuzione è stata affidata direttamente alle organizzazioni non governative.
LE IRREGOLARITÀ
Il business si basa su progetti presentati e non sul soccorso in mare, ma ha fatto scattare l’allarme della Corte dei conti europea che, nella relazione presentata qualche giorno fa, ha rilevato parecchie irregolarità nelle «modalità con le quali i finanziamenti Ue attuati tramite Ong per gli aiuti umanitari e allo sviluppo, per la protezione dell’ambiente, la cultura e per altre finalità», vengono tracciate e indicate. Insomma, non c’è trasparenza e non è chiaro questi soldi dove vadano a finire, come vengano gestiti e anche a cosa vengano destinati.
La Corte, infatti, avverte «che anche il sistema attualmente utilizzato per classificare le organizzazioni come ong non è affidabile e che la Commissione europea non dispone di informazioni sufficientemente dettagliate su come viene speso il denaro. Una simile mancanza di chiarezza si riscontra anche nei casi in cui i fondi dell’Ue sono erogati a Ong indirettamente, tramite organismi delle Nazioni Unite».
Trasparenza ce n’è poca. A cominciare dalla natura delle organizzazioni. Infatti, aggiungono i giudici contabili europei che, «essendo l’assegnazione dello status di ong nel sistema contabile della Commissione basata su autodichiarazioni, ed essendo i controlli limitati, la classificazione di un’entità come ong risulta inattendibile».
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