Milano – Due tramezzini farciti con mozzarella e pomodoro e budino al cioccolato, rigorosamente equo solidale. Questo il menù previsto per i 65mila bambini delle scuole dell’infanzia e delle primarie di Milano, per le giornate di lunedì e martedì prossimo. Niente menu e pasti speciali per chi ha richiesto la dieta etico-religiosa o sanitaria. Questi 10.973 bambini dovranno portarsi da casa il cibo adatto loro.
Non sarà così per tutti gli utenti di Milano Ristorazione, la municipalizzata che serve pasti anche a bambini ed educatori ospitati nelle Case vacanze, alle residenze assistenziali per anziani, agli ospiti dei centri di accoglienza, ai richiedenti asilo e rifugiati, ai centri multiservizi anziani e ai centri diurni per disabili, considerati dal Comune «fasce protette». Per loro sarà garantito, come prevede il contratto di servizio siglato tra il Comune di Milano e Milano Ristorazione spa, appunto, il cosiddetto «pasto di emergenza» (il 26 ottobre, giorno dello sciopero, era composto da pasta in bianco e tonno in scatola) diverso dal menù abituale, ma comunque migliore rispetto a due fette di pane confezionato con pomodoro e mozzarella, riservato a bambini che frequentano materne ed elementari a tempo pieno. Non solo, non sarà nemmeno servita la frutta a metà mattina perché il personale che la distribuisce sarà riunito in assemblea.
Ma non per tutti, appunto: «L’erogazione del servizio per i Centri di Prima Accoglienza – recita il contratto – avrà luogo per tutti i giorni dell’anno e comprenderà colazione, pranzo e cena». «Come previsto dal Contratto di Servizio tra Comune di Milano e Milano Ristorazione – il comunicato dell’azienda – lunedì 12 e martedì 13 saranno garantiti i servizi di ristorazione per le fasce protette: nidi d’infanzia, Rsa, Case Vacanza, Sprar, Cma e Cdd (servizi minimi essenziali riconosciuti dalla legislazione)». La legge di riferimento sono le «norme di garanzia dei servizi pubblici essenziali» che al punto 18 cita i servizi educativi e scolastici.
A lasciare perplessi in questa vicenda, fatto salvo che a Milano siamo al secondo sciopero in poco più di due settimane, è il criterio utilizzato dalla legge per definire le «fasce deboli». Non si capisce perché, infatti, un bambino di due anni sia più «debole» di uno di tre, che certamente durante un’intera giornata spesa alla materna avrà bisogno di molte energie. Stesso discorso per un bambino di 6 anni che frequenta il tempo pieno: non ci capisce come possa affrontare l’intera giornata di scuola con soli due tramezzini nello stomaco. Ma tant’è: il bambino tra i 6 e i 10 anni è considerato per legge, e per il Comune di Milano, più forte di un giovane immigrato che magari passa le sue giornate seduto su una panchina.