Lui sa chi ha difeso e protetto Cesare Battisti in tutti questi anni. Eugenio Selvaggi, ex magistrato e sostituto procuratore generale in Cassazione, nel 1995 intavolò una lunga trattativa per riportare in Italia gli ex terroristi fuggiti all’estero. “Riuscii ad aprire una breccia nella dottrina Mitterand – ha spiegato al Giornale -, finalmente i francesi stabilirono che per gravi fatti di sangue sarebbe stata superata e i terroristi estradati”.
Di fatto, però, un solo criminale italiano tornò in patria, Paolo Persichetti, condannato a 22 anni per concorso morale nell’omicidio del generale Ligio Giorgieri. Per tutti gli altri, da Battisti in giù, “le cose si ingarbugliarono per tante ragioni. C’erano le pressioni degli intellettuali transalpini che premevano per proteggere gli ex brigatisti, e ci furono, nel caso di Marina Petrella, le manovre di Carla Bruni che convinse il marito Nicolas Sarkozy a non far partire l’ergastolana per l’Italia”. Su Battisti Parigi acconsentì all’estradizione perché è vero che “lui era vicino a certi circoli di scrittori e dei soliti intellettuali che ci dipingono come il Paese delle leggi speciali, ma è altrettanto certo che lui era un terrorista ai confini con la delinquenza comune, un mezzo bandito. E poi era evaso dal carcere”.
Era superata, insomma, l’obiezione del “processo in contumacia”. Eppure, “poi, misteriosamente, fu fatto partire” e “in un modo o nell’altro arrivò in Brasile”. Ora la sorte dell’ex terrorista dei Pac è a un bivio: mediazione sulla estradizione in Italia, con ergastolo tramutato in 30 anni di carcere (il massimo per il Brasile) oppure espulsione secca, che però potrebbe portare Battisti in un altro Paese amico. “La Francia o, peggio, l’ultimo paese da cui lui era transitato nella sua fuga infinita: il Messico. E qui il filo si attorciglierebbe di nuovo”.