Alcuni membri dell’equipaggio di una nave di «Medici senza Frontiere» avrebbero soccorso migranti senza avvisare la guardia Costiera italiana. E avrebbero poi convinto gli stranieri a non rispondere alle domande della polizia, il cosiddetto «debriefing» che avviene dopo lo sbarco. Per questo sono adesso indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La conferma arriva dal procuratore di Trapani Ambrogio Cartosio che, pur senza mai citare il nome della Ong, in audizione di fronte alla commissione Difesa del Senato
Tra le operazioni sospette effettuate dalle organizzazioni – scrive il Corriere – c’è quella del 25 giugno 2016 quando la nave «Dignity One» di «Medici senza frontiere» sarebbe entrata in acque libiche fermandosi a 7 miglia dalla costa per prendere a bordo 390 migranti. Le relazioni di servizio stilate dalla «Task Force» in servizio a Trapani su altri salvataggi avrebbero evidenziato alcune «anomalie».
«Non collaborate con la polizia»
Un mese prima, dopo uno sbarco di 317 stranieri sempre dalla «Dignity-One», i poliziotti avevano evidenziato come
«i migranti non sono stati molto collaborativi nel fornire informazioni dettagliate circa il viaggio, attribuendo la colpa alla stanchezza e alle ore di viaggio estenuanti». Sono stati gli stessi investigatori ad evidenziare che «a differenza del passato, i migranti soccorsi e trasferiti da navi delle Ong, quando vengono fatti sbarcare nei porti italiani sono restii a cooperare: tale circostanza potrebbe essere il risultati di un «indottrinamento» impartito a bordo al fine di non collaborare con le forze dell’ordine italiane e il personale dell’agenzia Frontex».
Tra i casi citati c’è anche quello di uno sbarco con «la discesa dei minori non accompagnati che secondo il personale di “Medici senza Frontiere” erano circa 100, ma in realtà il personale di bordo inseriva nel gruppo uomini palesemente adulti».