Imam lancia l’allarme: smettete di dire che l’islam non c’entra col terrorismo

Hocine-Drouiche

«Sono un imam e ho il dovere di lanciare un allarme: esiste un islam politico che rappresenta un pericolo prima di tutto per noi musulmani. Non possiamo più nasconderci e continuare a dire che il terrorismo non c’entra niente con la nostra religione. Se le società europee apriranno la porta all’estremismo, richiuderla sarà difficilissimo». È per affermazioni come questa che Hocine Drouiche è attaccato, insultato e addirittura minacciato da molti suoi correligionari. Il giovane imam nato in Algeria è la guida di una piccola comunità musulmana nella città francese meridionale di Nîmes, che si riunisce nel “Centro islamico della fraternità”.

Le sue prese di posizione contro il terrorismo, che non manca mai di definire «islamico», e a favore di una «riforma dell’islam» ne hanno fatto uno dei personaggi più controversi di Francia. Il suo nome è apparso su tutti i giornali, non solo d’Oltralpe, quando all’indomani della strage di Nizza ha annunciato le sue dimissioni da vicepresidente della Conferenza degli imam per «rifiuto di queste istituzioni [musulmane] incompetenti che non fanno nulla per la pace sociale e che non la smettono di ripetere che l’estremismo non esiste, che è prodotto dai mass media». Drouiche è poi tornato sui suoi passi a patto che la Conferenza tagliasse i ponti con il Consiglio francese del culto musulmano, consulta che rappresenta per legge i musulmani di Francia, accusato di non aver commemorato gli attentati di Nizza, salvo emettere un «comunicato striminzito».

Formatosi presso l’Université des Frères Mentouri a Costantina in Algeria, durante la guerra civile degli anni Novanta, poi in Siria e Arabia Saudita, Drouiche ha conseguito un dottorato a Marsiglia in teologia islamica e dialogo tra religioni e culture. Nonostante questo molte autorità musulmane in Francia lo accusano di essere un «impostore» e un «falso imam che non sa nulla di religione». Accuse alle quali ha più volte risposto mostrando attestati e diplomi, tra cui uno firmato dal Consiglio regionale del culto musulmano francese: «Il Crcm attesta che Hocine Drouiche esercita la funzione di imam in seno alla comunità musulmana e che è persona competente e positiva soprattutto nell’ambito del dialogo interreligioso», si legge. «Mi attaccano perché dico la verità, che tanti non vogliono vedere, e perché ho amici cristiani. Ma per me è un onore essere attaccato solo perché sono amico dei cristiani», dichiara Drouiche a Tempi.

Non sono tanti gli imam che in merito agli attentati dell’Isis in Europa osano parlare di terrorismo “islamico”.
Io sì, perché è la verità e perché sono un imam. Insegno religione e ho una grande responsabilità educativa: non posso nascondere come stanno davvero le cose. Anche perché tradirei la mia storia.

Cioè?
Vivevo ancora in Algeria durante la guerra civile degli anni Novanta. Ho visto con i miei occhi come l’estremismo trasforma giovani normali in terroristi che sgozzano e uccidono nel nome di Allah e dell’islam. Oggi gli attentati di Nizza, Bataclan, Hyper Cacher, Tolosa non sono una novità per me. Ecco perché continuo a lanciare un allarme.

Quale?
Se questi giovani che vengono plagiati vinceranno, non ci saranno più libertà né diritti umani in Europa. Anche la convivenza tra religioni sarà un miraggio. Un po’ come nel mondo arabo, dove si giustifica la persecuzione dei cristiani e l’uccisione degli ebrei.

Chi è che plagia i giovani?
L’islam politico, che è molto pericoloso per i paesi arabi, per i musulmani stessi e per il mondo intero. Questo islam non deve conquistare l’Europa, dove una religione che mortifica la libertà giustamente è inconcepibile. Perché la religione esalta la libertà dell’uomo e conferisce dignità a tutti. Non può essere il contrario.

La stragrande maggioranza degli attentati in Europa è stata compiuta da musulmani, veri o presunti tali. È una coincidenza?
Purtroppo no. In Francia gli imam amano ripetere che l’islam non c’entra niente. Ma non è vero. Queste cose bisogna dirle per costruire la pace e io sono lieto di prendermi qualche rischio per farlo.

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola