Macché evento epocale, è invasione meditata a tavolino

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di Cinzia Palmacci

Nel 2050 ci saranno 230 milioni di migranti. E’ il dato che emerge dal Rapporto 2003 dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni. I migranti regolari nel mondo sono 175 milioni, un 3 per cento della popolazione mondiale. Di questi 56 milioni vivono in Europa, 49,7 in Asia e 40,8 in America del nord, le zone del mondo con il più alto numero di persone immigrate.

Uno studio interessante di Giuli Valli intitolato «Il vero volto dell’immigrazione: la grande congiura contro l’Europa» (1993) riporta un articolo apparso sul quotidiano «Alto Adige» del 10 agosto 1989, dal titolo: «Ondata di immigrati africani». Vi si riferiva l’intervista col presidente degli ambulanti trentini aderenti alla «Confesercenti», il quale, tra l’altro, dichiarava: «si calcola che nei prossimi anni, 30-40 milioni di africani verranno in Europa, e i governi centrali, su direttive dell’ONU, hanno affidato a Italia, Spagna e Grecia il peso maggiore. Sembra che l’Italia, nella spartizione internazionale, debba farsi carico dell’immigrazione senegalese, e si stima in 5 milioni la dimensione numerica: quasi una persona ogni dieci italiani».

L’ONU veniva indicata come la centrale da cui è partito l’ordine che è alle origini di questa vicenda e le si attribuiva un preciso programma per l’invasione programmata del nostro Bel Paese. Successive ricerche confermavano che la pista era quella giusta: l’Italia, con la legge 10 aprile 1981 n.158, ha ratificato la convenzione n.143 del 1975 della Organizzazione Internazionale del Lavoro (uno degli organi dell’ONU), recante il titolo: «sulle migrazioni in condizioni abusive e sulla promozione della parità di opportunità e di trattamento dei lavoratori migranti». Da qui si vede che già almeno dall’ormai remoto 1975 si venivano addensando sul capo degli ignari italiani fosche nubi foriere di tempesta. In obbedienza a quei patti, il Governo nazionale proponeva e il Parlamento approvava la legge 30.XII.1986 n.943 che sin da allora garantiva (art.1) «a tutti i lavoratori extracomunitari parità di trattamento e piena eguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani», nonché il godimento “dei servizi sociali e sanitari” e il diritto “al mantenimento dell’identità culturale, alla scuola e alla disponibilità dell’abitazione”. E all’art.2 prevedeva, proprio come riferito dal citato articolo dell’”Alto Adige”, “accordi bilaterali e multilaterali previsti dalla convenzione dell’OIL n.143 del 24 giugno 1975…per disciplinare i flussi migratori». Si aprivano, insomma, fin da le porte dell’immigrazione, nonostante che ancora, malgrado le statistiche del CENSIS, il fenomeno non fosse neppur lontanamente così evidente e drammatico, come è diventato oggi.

La cosa sconcertante e sconfortante è che l’ONU viene ancora oggi chiamata in causa dai nostri politici per la risoluzione di qualsiasi controversia internazionale. Potrà apparire curioso, ma l’ONU provoca le controversie e l’ONU è chiamata a risolverle. Cosa, dunque, era necessario fare per mettere in moto verso l’Italia l’immensa ondata di spiantati che la sta sommergendo? Occorreva una duplice disinformazione: una internazionale, volta ad ingannare gente ignorante o, comunque, non al corrente della nostra realtà sociale, presentando, con capillare propaganda, l’immensa menzogna di un’Italia simile a un nuovo Eldorado, un vero e proprio paese di Bengodi; e una all’interno dell’Italia stessa, tendente a fare apparire come un frutto ineluttabile della storia quello che, invece, è l’effetto della cinica e meditata orchestrazione.

Anche la legge Martelli esordisce (art.1 comma 1) presentandosi come emanata in attuazione della convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, che fu appunto promossa dall’ONU, e prosegue riconoscendo a un ufficio della stessa ONU, l’ACNUR, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, importanti poteri di ingerenza sulla immigrazione extraeuropea in Italia. Su un altro articolo de «Il Giornale» del 9 novembre 1989, intitolato: «L’Italia deve affrontare la mina vagante degli immigrati di colore», si leggeva che, entro 20 anni, gli immigrati sarebbero diventati 5 o 6 milioni. Di fronte a previsioni così precise si evince che non si tratta di un fenomeno spontaneo, imprevisto e imprevedibile, ma di un piano controllato, studiato a tavolino. Altro che l’evento storico spontaneo e ineluttabile che i nostri politici vorrebbero farci credere. Non solo. Il partito al governo si attribuisce pure il merito di “aver salvato vite umane”, quando può vantare solo cadaveri sulla coscienza!

Sul già citato articolo dell’Alto Adige del 10 agosto 1989, si legge che l’immigrazione in atto non è spontanea, ma che si tratta «di una cosa accettata dal nostro governo al tavolo delle grandi decisioni internazionali», decisioni cui, evidentemente, hanno partecipato sia i paesi di partenza che quelli di destinazione. E’ una «tratta» manovrata dall’Alta Finanza che si svolge su scala planetaria e stritola individui e popoli con spietata determinazione. Una commistione di razze già efficacemente tratteggiata nel 1925 da uno dei padri della Sinarchia europea, il massone d’alto grado Coudenhove Kalergi, fondatore della «Paneuropa», che nel suo libro «Praktischer Idealismus» vaticinava: «L’uomo del futuro sarà di sangue misto (…) La razza futura eurasiatica-negroide, estremamente simile agli antichi egiziani, sostituirà la molteplicità dei popoli, con una molteplicità di personalità».

Oggi i mass media, venduti ad un sistema globalizzato che svende a buon mercato identità culturali e sovranità nazionali, promuovono a tambur battente la “bellezza dei matrimoni misti” che generano figli più sani e più forti perché portatori di geni nuovi e potenzialmente migliori. Perfino dai pulpiti arrivano martellanti “spot” alla mescolanza razziale. Il rabbino canadese Abraham Feinberg dalle colonne della «Maclean’s Review», rivista cristiana di Toronto, rivolgendosi ai suoi lettori, cattolici e protestanti, lanciava un appello: «La sola soluzione ai conflitti razziali è il matrimonio interrazziale, (…)» è dunque urgente che «(…) la legge incoraggi la mescolanza del sangue», poiché: «il richiamo deliberato ai matrimoni interrazziali è il solo modo di accelerare il processo per eliminare totalmente i pregiudizi razziali e quindi le razze separate». Ma nel 1974 sul New York Times appariva una pubblicità a piena pagina, a cura del «National Commitee for Furtherance for Jewish Education» (Comitato nazionale per la promozione dell’istruzione ebraica), indirizzata alla gioventù israelita, dove i matrimoni interrazziali venivano così stigmatizzati: «I matrimoni misti sono un suicidio nazionale e personale. Il mezzo più sicuro per distruggere un popolo è farlo sposare al di fuori della sua fede (…) Uomini e donne hanno la certezza di perdervi la loro identità. I valori e i principi che tanto hanno contribuito alla cultura e alla civiltà contemporanea scompariranno dalla faccia della terra. L’esperienza accumulata in tremila anni, il ricco retaggio di un popolo, tutto ciò che è assolutamente vostro sarà indegnamente annientato. Che pena! Che disastro! Che vergogna!». La sensazione è che, a più di quarant’anni di distanza e in piena globalizzazione, avessero ragione loro.

Ma chi è il burattinaio dietro tutto quello che sta accadendo? Di certo un mandante c’è, con tanto di nome: mondialismo o globalizzazione, ovvero l’ideologia che punta alla creazione di un unico governo mondiale eliminando il concetto di sovranità nazionale e di specificità. E di sicuro sappiamo anche che l’eliminazione di ogni traccia di identità e sovranità nazionale è un obiettivo perseguito tenacemente dalla Massoneria, quella che trae origine nel 1770 dall’iniziativa di un ex prete gesuita Adam Weisshaupt che creò a Francoforte un gruppo segreto dal nome “Illuminati di Baviera”. Weisshaupt elaborò, all’incirca verso il 1770, “Il Nuovo Testamento di Satana”, un piano che dovrà portare un gruppo ristretto di persone (gli Illuminati, appunto) ad avere il controllo del mondo intero. Purtroppo, la sensazione è che ci stiano riuscendo.

Cinzia Palmacci – – Il corriere delle regioni

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