C’è lo speculatore George Soros tra i ricchissimi finanziatori del nuovo sistema “anti-bufale” annunciato giovedì scorso da Facebook. Una rivelazione, qui illustrata dal Daily Mail, che fa seguito alle dichiarazioni di Mark Zuckerberg di pochi giorni fa. “Penso a Facebook come a una società tecnologica, ma riconosco che abbiamo una responsabilità che va oltre la costruzione della tecnologia attraverso cui veicolare l’informazione – ha spiegato il fondatore e amministratore delegato di Facebook, annunciando delle nuove misure speciali per contrastare la disinformazione e segnalare le “bufale”. L’intento, come ha illustrato il vicepresidente di Facebook Adam Mosseri, è quello di implementare l’interfaccia con un bottone attraverso il quale gli utenti possano segnalare le notizie reputate false o non attendibili.
Successivamente gli articoli saranno inviati alle organizzazioni di “fact-checking” che, secondo metodi e criteri definiti dall’International Fact-Checking Network di Poynter, valuteranno come classificare le notizie: se reputate “bufale” o non affidabili, non verranno rimosse ma un avviso apparirà agli utenti ogni qualvolta proveranno a condividerle.
Fin qui, nulla di strano. A vigilare su questa delicata operazione di controllo sarà dunque una società esterna che così dovrebbe garantire imparzialità e obiettività, almeno secondo i vertici il popolare social network. Peccato che qualche dubbio in proposito sorga quando si visiona la lista dei finanziatori e sponsor del Poynter Institute, tra cui risulta esserci proprio l’Open Society Foundation del magnate ungherese naturalizzato americano George Soros, sponsor importante dell’ultima campagna elettorale di Hillary Clinton – con 25 milioni di dollari – e noto per le sue attività “filantropiche” in tutto il mondo, nonché “regista occulto” delle manifestazioni contro Trump.
E non solo: tra gli sponsor di Poynter, oltre all’Open Society Foundations, ci sono la Fondazione di Bill & Melinda Gates, Google, e la Omidyar Network del fondatore di Ebay Pierre Omidyar. Avranno interesse questi soggetti a far si che sui nostri social network siano le segnalate, in modo del tutto oggettivo, bufale e notizie non fondate? Sarà davvero un’operazione “trasparente” come sostiene il patron di Facebook Mark Zuckerberg? Qualche perplessità rimane.
Nel 2011 Poynter chiedeva ai giornalisti di “minimizzare” il terrorismo jihadista
Fu Poynter, come ha sottolineato nel 2011 Fox News, a invitare i giornalisti a “minimizzare”i morti del terrorismo islamista, paragonando le vittime del terrorismo a quelli della malaria o dell’AIDS. “Tra le centinaia di omicidi che si verificano ogni giorno – sosteneva Poynter in un corso rivolto ai cronisti – i giornalisti sono molto più propensi a riferire delle violenze della jihad e del terrorismo rispetto ad altri. Di conseguenza, i lettori hanno sviluppato un’impressione distorta della preponderanza terrorismo islamista, rispetto ad altre forme di conflitto. Occorre non amplificare i timori legati a questo”.
E ancora: “Per dare un po’ di cifre e contestualizzare, l’FBI riferisce che circa 15 mila persone nel Stati Uniti vengono uccise ogni anno. In tutto il mondo, più di mezzo milione di persone muore per mano di assassini, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Al loro apice, le organizzazioni jihadiste hanno causato meno del 2 per cento di questi morti”. Ci si può fidare di chi banalizza e sminuisce in questa maniera il dramma del terrorismo islamista, uno dei cancri del nostro tempo?
Roberto Vivaldelli – – GLI OCCHI DELLA GUERRA