Le cure sanitarie sono un diritto di tutti?
Un immigrato ancorché senza permesso di soggiorno non può essere espulso dal paese Italia se è portatore di serie problematiche di salute ed a ragione delle necessarie cure post-operatorie. E’ la Corte di Cassazione a darne le motivazioni con sentenza n. 13252: “ La garanzia del diritto fondamentale alla salute del cittadino straniero che si ritrova a soggiornare nel territorio nazionale, ne interrompe i termini dell’espulsione in quanto l’immediata esecuzione del provvedimento, potrebbe causare, nel soggetto in questione, un irreparabile pregiudizio, dovendosi comprendere in tale garanzia non solo le prestazioni di pronto soccorso e medicina d’urgenza, ma pure tutte le altre prestazioni essenziali per la vita”. Così motivata, l’espulsione è stata di conseguenza annullata ed il Giudice di Pace invitato ad attenersi al principio enunciato dalla Cassazione.
Asserzione così logica ed umanitaria da parte dell’Ordinamento Giudiziario può avere senso pratico ed ovvietà attuativa anche per i cittadini italiani? Soffermandosi infatti a valutare la coerenza applicativa della norma, così come interpretata, si scopre una gravissima disparità, al limite dell’indecenza, da parte di certo vasto settore pubblico (Regioni, ASL, Magistratura), in danno proprio di determinati sfortunati individui ed autoctoni, come possono ritenersi i portatori di malattie degenerative, della mente o di quanti altri non citati, ma ugualmente titolati ad essere assistiti per i loro effettivi bisogni.
Quello che si constata accadere con frequenza spinta all’eccesso è la deportazione verso il sociale, di malati gravi, di non autosufficienti, anziani o meno, con il fermo proposito, per nulla nascosto, di voler chiudere tutte le strutture sanitarie operative, in specie e definitivamente quelle psichiatriche. E’ un assurdo editto di post-basagliana memoria, contro Costituzione, leggi, patti internazionali sottoscritti e contro pure la morale corrente del sentire popolare, per giungere, nei fatti, all’attuazione, in specie per i nullatenenti, della riedizione certa, in chiave moderna, dell’eugenetica sociale.
La persona inutile pesa sull’economia della nazione, cosicché determinati settori di essa si organizzano, con le modalità che seguono portate ad esempio, per ridurre i costi di gestione, chiudendo i servizi necessari alla persona maggiormente indigente. Chi non è in grado di fare fronte alle spese continuative diventa inevitabile per lo stesso soccombere fatalmente. Tutti sanno, solo qualcuno alza voce, ma il capo supremo imposto per mandato unilaterale, non si cura e non risponde.
A riprova del calvario causato basterebbe citare i dati di Eurostat, circa il numero degli indigenti in Italia: 7 milioni, ma con un terzo di essi, secondo il Censis, generatosi per dover le famiglie accudire direttamente i propri congiunti in difficoltà, fino allo stremo delle risorse. Chi è causa di tale nefandezza invece nulla si riduce dei propri eccessivi guadagni e nemmeno smette di sperperare.
Banale constatazione a cui si devono aggiungere certe modalità di esecuzione collettive dello sporco misfatto, pensato, attuato e realizzato dal sistema, senza remore, ma con lucida perfidia, sommata ad un marcato tornaconto personale (carriera garantita e non solo, mista ad ideologia?) che tutto muove e regola.
Può capitare, come in effetti succede, che un manipolo scelto di servitori, specie in relazione alla più numerosa patologia, quanto a cronicizzazione, quella appunto psichiatrica, abbiano di fatto a coalizzarsi per aggiungere, ciascuno per suo conto, motivazioni, quanto meno opinabili, al fine di dichiarare idoneo al trasferimento nel sociale di uno o più pazienti cronici gravissimi. Si evita qui, per brevità e concisione, l’inserimento di annotazioni circostanziate che hanno interessato anche qualche Procura.
Lo Stato da prima attento custode del bisognoso, ne diventa, per le ragioni sopra esposte, strenuo aguzzino, al fine di negargli la giusta cura di mantenimento, quale diritto inviolabile o, peggio ancora, affidando la sua persona, con i suoi tanti o pochi averi, ad un anonimo Amministratore di Sostegno, scelto accuratamente tra un non familiare, per essere funzionale ad interessi che spesso prescindono dal benessere anche relazionale dell’amministrato stesso. Si sono mai fatte inchieste collettive a riguardo? E’ quello che i più avveduti si augurano verificarsi.
Roma 10.07.2016
Ass. CSP N. Tesla
Il Presidente: Augusto Pilato