In Italia si sta diffondendo un nuovo movimento radicale islamico, sotto i radar e senza controllo da parte delle autorità, vi portiamo a scoprire dall’interno il movimento “Tabligh Eddawa”. Reportage a cura di Giuseppe de Lorenzo per IL GIORNALE
“Roma è già musulmana”. Quando inizia l’intervista con Saydawi Hamid, la guida di una comunità del movimento islamico radicale dei Tabligh Eddawa, gli altri componenti del gruppo stanno dormendo distesi in moschea.
“Per ogni aspetto della società – spiega Hamid – l’islam impone una precisa legge”. E loro la applicano. La sera, dopo il calare del sole, leggono il Riyad al-Salihin, il libro dove sono spiegate tutte le regole formali e di comportamento. Quando si dorme in moschea, per esempio, i piedi non devono mai essere rivolti verso la Mecca e il sacco a pelo va purificato con lunghi rituali. Per tagliarsi le unghie, bisogna partire dal dito più esterno e poi seppellirle “perché sono una parte del corpo donata da Allah”. È questa la Sunna: il dettagliato codice di comportamento che ogni fedele è chiamato a seguire. L’unica via dettata dal Profeta. E se la Sunna è una, allora anche l’islam non può che essere unico: “Tutti dovrebbero diventare Tabligh – dicono – perché tutti devono seguire la strada indicata da Maometto”.
Così, se dovessimo sintetizzare i principi dei Tabligh lo faremmo con una parola: sottomissione. Ad Allah, al Profeta e alla legge coranica. Non a caso, per spiegare la relazione tra uomo e Dio, Hamid usa una metafora quanto meno curiosa: “L’uomo riesce a stare in piedi solo grazie alla cacca che ha nello stomaco: cosa può essere quindi di fronte a Dio se si regge solo grazie alla sua cacca?”. E se questi sono i pressuposti, la spiritualità Tabligh non può che essere totalizzante, avvolgente e granitica. Una fede che Hamid non ha esitazione a definire “l’unica religione naturale dell’uomo”. Non il cristianesimo. Non altri credo.
Sanno che l’imam parlerà anche per loro. Fa un certo effetto sentir dire che l’Italia “è stata conquistata, perché abbiamo una grande moschea, perché possiamo predicare liberamente la nostra fede. E il sorriso sul volto del nostro interlocutore tradisce il fatto che conosca l’effetto delle sue parole. Ma non è una provocazione: poter predicare il Corano in Occidente è a tutti gli effetti una vittoria.