Sul nostro settore dell’automotive (auto, motoveicoli e professional) grava un peso fiscale complessivo di 71,6 miliardi di euro. Una cifra spaventosa che, tanto per dare un’idea, e’ piu’ che doppia rispetto al gettito versato dalle imprese con l’Irap (30,4 miliardi di euro) e venti volte superiore a quanto hanno pagato fino l’anno scorso i proprietari di prima casa con la Tasi (3,5 miliardi di euro). Due imposte che sono state (Tasi) e continuano ad essere (Irap) le piu’ odiate dagli italiani.
Con questa analisi l’Ufficio studi della Cgia mette in luce l’eccessivo carico fiscale che grava su oltre 37 milioni di autovetture e 6,8 milioni di motoveicoli circolanti in Italia, arrivando a sostenere che la tassazione su questo settore ha raggiunto livelli non piu’ sopportabili. Si pensi che dal 2009, anno peggiore di questa crisi, il prelievo fiscale e’ aumentato di 5,3 miliardi di euro (+8 per cento), sebbene ci sia stato un crollo delle vendite e gli italiani, a seguito della difficolta’ economica registrata in questo periodo, abbiano circolato di meno. Secondo l’elaborazione dell’Ufficio studi della Cgia su dati Anfia (Associazione nazionale filiera industria automobilistica), quasi l’82 per cento dei 71,6 miliardi di euro di tasse prelevate dall’automotive e’ riconducibile all’utilizzo del parco circolante, il 9,5 per cento all’acquisto e l’8,5 per cento alla tassa di possesso.
Se analizziamo le singole voci, ci accorgiamo che oltre la meta’ del gettito complessivo prelevato dall’automotive (pari a 51,7 per cento) e’ in capo ai carburanti. Tra Iva e accise, nel 2014 (ultimi dati disponibili) abbiamo versato all’erario 37 miliardi di euro (+ 23,2 per cento rispetto al 2009). Anche se l’importo e’ nettamente inferiore alla voce precedente, va segnalato il gettito dell’Iva che grava sulla manutenzione e la riparazione/acquisto di ricambi, accessori e pneumatici che, seppur in calo, e’ stato di 9,27 miliardi (-9,6 per cento rispetto al 2009). Il bollo auto, invece, ha garantito alle regioni italiane 6,1 miliardi di euro (dal 2009 + 7,6 per cento), mentre la crisi delle vendite ha fatto scendere a 5,4 miliardi di euro l’Iva incassata dall’erario sugli acquisti di auto e moto. Allo stesso livello di gettito sono saliti i prelievi che gravano sui parcheggi e le contravvenzioni, mentre le imposte sull’Rc auto hanno toccato quota 4,2 miliardi di euro (+3,2 per cento dal 2009).
Un vero e proprio boom, invece, ha interessato i pedaggi autostradali. Nonostante il forte calo del traffico autostradale, il gettito fiscale relativo ai pedaggi ha raggiunto 1,8 miliardi di euro (+46,5 per cento rispetto al 2009). E sebbene le Province abbiano chiuso i battenti, l’imposta provinciale di trascrizione e’ aumentata del 16,1 per cento, toccando la quota di 1,3 miliardi di euro. Le imposte sui lubrificanti, infine, hanno pesato per poco piu’ di 900 milioni di euro e in questi 5 anni sono cresciute del 3,4 per cento. “In linea di principio – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – la proposta sembra allettante, anche se dai nostri conteggi questa misura, compensata con l’aumento dell’accisa di 0,16 euro al litro, avvantaggerebbe, in particolar modo, coloro che fanno pochi chilometri ed hanno un auto di grossa cilindrata.
Mentre chi utilizza il mezzo per motivi professionali – come gli autotrasportatori, i taxisti, gli autonoleggiatori con conducente e gli agenti di commercio subirebbero un fortissimo danno economico”. “Abolendo – sostiene il segretario della Cgia Renato Mason – l’imposta provinciale di trascrizione che finisce nelle casse delle Province. Che senso ha onorare un tributo che ci costa oltre un miliardo all’anno ad un ente che di fatto non esiste piu’? E perche’ mai dobbiamo continuare a pagare ancora le vecchie accise che pesano 0,25 euro su ogni litro di carburante per la guerra in Abissinia del 1935, per la crisi di Suez del 1956, per il disastro del Vajont del 1963 e per l’alluvione di Firenze del 1966, per il terremoto del Belice del 1968, per il terremoto del Friuli del 1976, per quello dell’Irpinia del 1980 fino ad arrivare al rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004. Alcune di queste non potremmo cancellarle?”. (AGI)