I giocatori della Francia non si sentono Francesi. Non bastano una due, tre o anche quattro generazioni per sentirsi figli di un’altra Patria. Non è nulla di particolarmente strano, è solo una realtà da accettare togliendosi il velo immigrazionista dagli occhi. I bis-nipoti degli emigrati italiani in America si vantano ancora di avere origini italiane, è un legame che non si spezza, che non puoi distruggere semplicemente imparando un’altra lingua o accettando abitudini e cultura del Paese in cui vai a vivere, a prescindere dai benefici ricevuti.
Gli immigrati francesi di seconda e terza generazione lo stanno dimostrando ampiamente. Lo ius soli è inutile. Nessuno straniero diventa francese o italiano perché lo dice un pezzo di carta.
E’ la nazionale in fuga. Dalla Francia che perde i pezzi. Magari non sempre pregiati, ma comunque di qualità. Come scrive la Gazzetta, è la nazionale dei giocatori nati in Francia ma che poi scelgono la patria d’origine, dei genitori o nonni per brillare magari ai Mondiali, agli Europei o in Coppa d’Africa con altri colori. Ed è anche una squadra che sulla carta potrebbe ipoteticamente mettere in difficoltà chiunque.
Un fenomeno, quello dei giocatori che voltano le spalle ai Bleus, che periodicamente solleva dibattiti anche politici, sull’attaccamento dei giovani di origine straniera, magari di seconda o terza generazione, a un Paese comunque ricco di potenziali campioni. L’ultimo a tradire Deschamps è stato l’esterno Boufal del Lilla che ha scelto il Marocco della mamma, del suo ex allenatore Renard. Un mese dopo il collega di spogliatoio Benzia che ha preferito l’Algeria…
Lo ha spiegato benissimo la Kyenge in questo video in cui al minuto 2, 20 dice: “Pur vivendo in Italia mi sento africana ed ‘anche’ italiana”. “Ai figli dobbiamo cercare di trasmettere la cultura dei nostri paesi”