MAGISTRATI E TERRORISMO: comportamento strano di una casta strana

cassaz

In momenti storici come quello attuale, la coesione, l’unità, la compattezza sono pilastri imprescindibili: lo spauracchio del terrorismo si può sconfiggere solo remando tutti nella stessa direzione. La partigianeria politica e le battaglie ideologiche scivolano inevitabilmente in secondo piano quando ad essere messa a repentaglio è la nostra stessa vita.

Dopo gli attentati di Parigi, ennesima dimostrazione delle atrocità che è in grado di commettere l’Isis, l’atteggiamento verso il terrorismo non può che essere tremendamente duro.

Ma il fronte comune in questa lotta registra una defezione importante: quella della magistratura italiana. L’ ha denunciato opportunamente nei giorni scorsi, su il Corriere della Sera, Angelo Panebianco.

Un atteggiamento troppo soft quello dei nostri magistrati nel prevenire e nell’allontanare la minaccia terroristica.

Un’inchiesta de ‘L’Espresso’ aveva dimostrato, già nel settembre del 2014, come tantissimi casi di jihadisti accusati di inneggiare all’odio e alle minacce di morte, fossero stati trattati con sconcertante leggerezza.

I jihadisti venivano rilasciati, con la motivazione, assurda, secondo la quale i proclami di morte e terrore potessero essere ricompresi nel calderone delle libere opinioni, delle manifestazioni del pensiero, quindi non perseguibili.

Ma le dichiarazioni che inneggiavano all’odio e alla morte, poi, odio e morte hanno generato. Erano atti di guerra, né più, né meno ed è assurdo che non siano stati preventivamente disinnescati. Perseguire un jihadista non può essere considerato illiberale: è un atto necessario, per difenderci dal terrorismo dilagante, per salvaguardare le nostre vite.

Il problema principale della magistratura di oggi è che non riconosce nessuna autorità alla politica (italiana, ndr).

Negli anni del terrorismo brigatista la magistratura dell’epoca si prodigò, di concerto con i partiti, nella lotta la terrorismo. Il partito forte dettava la linea, la magistratura ne seguiva le indicazioni con l’obbiettivo condiviso di debellare il virus del terrorismo.

Oggi la magistratura non riconosce nessun tipo di primato alla sfera politica, ma si considera solo al servizio della Costituzione, talvolta scavalcando anche le stesse indicazioni fornite dal governo. Così un governo può anche intensificare la lotta al terrorismo, inasprire leggi e procedure, ma se i magistrati non si allineano e fanno di testa loro il risultato non può che essere debole. Sia salvaguardata l’integrità e la non ingerenza nell’attività dei magistrati, per carità. Ma un atteggiamento così morbido verso il terrorismo è inaccettabile, soprattutto se paragonato a certe battaglie delle toghe contro i politici, spesso più simili ad accanimento.

In parole povere: non si può rilasciare libero di diffondere messaggi di morte un jihadista con la giustificazione che stia manifestando il suo pensiero ed incarcerare un politico sul quale si sta indagando per motivi molto meno gravi.

Il pericolo non è tra gli avversari politici, ma tra chi predica l’odio, la morte e le atrocità.

Danilo Stancato  www.freenewsonline.it

Twitter: @DaniloStancato