Bloccare i (presunti) rifugiati in una stretta fascia di terra occupata militarmente al confine siriano e impedire loro la marcia verso l’Europa. Il tutto in cambio di tre miliardi di euro, la liberalizzazione dei visti di ingresso per i turchi e una accelerazione dei negoziati del processo di adesione di Ankara all’Ue.
E’ questa l’intesa che Bruxelles metterà sul tavolo, quando il presidente turco Recep Tayyip Erdogan sarà accolto nella capitale belga a un vertice con tutti i 28 Paesi dell’Unione.
ERDOGAN: “ZONA LIBERA DAL TERRORISMO”. “Dobbiamo creare – ha detto lo stesso Erdogan giovedì in una intervista a France 24 – una zona libera dal terrorismo in Siria”, in modo che i rifugiati “non siano obbligati ad arrivare in Turchia o in Europa“. Erdogan è consapevole del fatto che Bruxelles si sente con le spalle al muro: prima ha ricordato che se non verrà adottata questa soluzione, il flusso di rifugiati continuerà ad aumentare, e poi ha aggiunto: “In Turchia sono 2,5 milioni i profughi e in Europa si sta generando il panico con l’arrivo di centinaia di migliaia di migranti”.
L’ACCORDO CON GLI USA. Sulla creazione di questa zona cuscinetto la Turchia raggiunse un accordo con gli Usa già a luglio. All’ultimo G20 di Antalya, proprio in Turchia, secondo il quotidiano arabo con base a Londra al Asharq al Awsat, Erdogan rimise la questione sul tavolo.
IL DOCUMENTO. Questione raccolta tutta in un documento di 51 pagine, secondo quanto il quotidiano Yeni Safak, giornale filogovernativo e quindi probabilmente imbeccato dallo stesso esecutivo, ha scritto pochi giorni prima del vertice Ue-Africa di Malta sui migranti. Si parla di un possibile intervento di terra in Siria, di 10.700 soldati, da dispiegare entro la metà di dicembre. L’ipotesi sarebbe penetrare fino a 46 chilometri in territorio siriano. Le truppe turche sarebbero pronte ad entrare in territorio siriano lungo sette regioni nelle prime due settimane di dicembre. Si potrebbe creare così un’area dove sarebbero confinati fino a cinque milioni di profughi. Tale piano, secondo Ankara, dovrebbe includere sei campi principali per rifugiati, undici basi logistiche e diciassette punti di sicurezza.
UN NUOVO VIVAIO PER I TERRORISTI. Questo scenario apre due questioni. La prima è che queste aree rischiano di diventare enormi campi di contenimento, dai quali non si potrà uscire, gestite in una zona cuscinetto controllata dai militari turchi, non esattamente noti per le loro buone maniere. Una bomba a orologeria, secondo i critici, che diventerà un nuovo vivaio per il proselitismo a disposizione dei terroristi. Insomma, per risolvere un problema oggi, l’Europa metterebbe una nuova ipoteca sulla sua sicurezza di domani.
LA QUESTIONE CURDA. La seconda questione è quella curda. Erdogan sembra del tutto intenzionato a utilizzare l’operazione per lanciare una nuova offensiva contro il Pkk. A questo proposito, ad Antalya è stato piuttosto esplicito: “Tutti i tipi di terrorismo – ha detto – sono cattivi, tutti i terroristi sono cattivi. Dobbiamo abbandonare e rigiutare la logica ‘il mio terrorista è buono, il tuo è cattivo'”. Non a caso, nell’intervista di giovedì non ha parlato di Isis, ma più genericamente di “terrorismo”. Negli ultimi mesi i raid turchi contro il Pkk, anche in Iraq, sono diventati quasi quotidiani. E Erdogan insiste per inserire nell’intesa con l’Ue anche il riconoscimento alla Turchia dello status di ‘Paese sicuro’, il che impedirebbe ai curdi di ottenere asilo in Europa.
LA QUESTIONE DEL LUOGO. Diventa perciò fondamentale capire dove la nuova area militarizzata sarà ricavata: se a ovest dell’Eufrate, nella zona controllata dall’Isis, o a est, nell’area a controllo curdo. Erdogan ha parlato di circa cinquemila chilometri quadrati. Il che potrebbe voler dire una striscia di cento chilometri di confine per 50 chilometri di profondità nell’area controllata dall’Isis. Ma anche una striscia di confine più larga e meno profonda che includa l’area controllata dai curdi.
L’OFFENSIVA DI ERDOGAN. Negli ultimi mesi l’offensiva di Erdogan contro i curdi si è fatta sempre più vasta. Alle elezioni di giugno il suo partito, l’Akp, non raggiunse la maggioranza assoluta, mentre i curdi raccolsero uno storico successo, col 13% dei voti. Lui fece saltare la tregua militare col Pkk, rifiutò di fare un governo di coalizione e riconvocò il voto per novembre. Vinse le nuove elezioni anche grazie proprio, dicono commentatori di Bruxelles, alle aperture dell’Ue del 16 ottobre, appena due settimane prima delle nuove elezioni, quando l’Europa era nel pieno dell’emergenza profughi e si paventava ogni giorno lo stop di Schengen.
EPILOGO. Il vertice che si apre domani rappresenta l’epilogo di questa vicenda: l’Europa, terrorizzata dal possibile arrivo di due milioni di rifugiati siriani (pari allo 0,4% della sua popolazione, che supera i 500 milioni), chiede alla Turchia di fare quello che, per non tradire i propri principi di civiltà, non osa fare direttamente: bloccare milioni di persone in enormi campi profughi, in condizioni che si possono facilmente immaginare. E per farlo offre a Erdogan un’occasione per sferrare l’offensiva finale contro i curdi.
di Fabio De Ponte (LA PRESSE)
E’ come far entrare un cavallo di Troia dei mussulmani in Europa. ” Non ti fidar dei Turchi, gli dai un dito a si prendono il braccio!”