Immigrati, “Lex Iulia de civitate”: la Merkel apre il mercato degli schiavi qualificati

Lex Iulia de civitate Il cambiamento repentino della Germania nei confronti delle popolazioni liberate dal “tiranno” come in Libia, o in corso di liberazione come in Siria, e cioè quella di accogliere in Germania tutti i siriani in grado di arrivarci… ha certamente spiazzato la politica dei leader europei, combattuti tra le multiforme leggi e norme dei respingimenti e quelle di una selettiva accoglienza sulla base di accertate identità di profughi di guerra (da una guerra, naturalmente, di liberazione).

profughi

Tale apertura della Merkel nei riguardi dei rifugiati siriani diventa un segnale di “apertura” verso tutti i rifugiati e i profughi della guerra imperialista. Una strategia tedesca che trova la propria autorità morale nella forza economica del paese. Può essere che però questo cambio di passo non sia affatto dettato da una “bolla morale” della Merkel, neppure per prendere le distanze dalla destra xenofoba e nazista alla vigilia dell’incontro a quattro con Putin sull’Ucraina, ma più prosaicamente da un calcolo economico di ordine strutturale. Un raziocinio che dovrebbe essere motivo di seria attenzione da parte delle confraternite dell’euro.

Il progetto di grandi investimenti in tutti i settori economici, a partire da quelli delle abitazioni e dei servizi, delle riqualificazioni urbane, ecc., rende più che mai necessaria una seria ridefinizione del costo del mercato del lavoro. Mentre le teste d’ariete a capo dei comitati d’affari dei territori meridionali – Italia, Spagna, Francia, Grecia – si deprimono alla lettura dei loro bilanci in rosso e con le coste ingolfate da migliaia di profughi che per mare e per terra cercano scampo in Europa lasciandosi dietro le spalle città in fiamme, un tessuto sociale che dire distrutto sembrerebbe un eufemismo.

Una vera invasione di esseri umani sconfitti nella speranza prima ancora che dalle bombe liberatrici europee e che adesso premono ai confini della civiltà “superiore”, quella del capitale per l’appunto. La Germania ha tracciato la linea, aprendo il mercato degli schiavi riqualificando per sé (solo i siriani) l’esercito industriale di riserva. Siriani, appunto, quelli più adeguati ad una struttura economica di prestigio, essendo per lo più profughi altamente scolarizzati e in grado di competere professionalmente con italiani, spagnoli e greci, con gli ultimi insomma.

Qualcuno potrebbe pensare che questa sia l’unica espressione di solidarietà possibile tra capitale e forza lavoro e potrebbe perfino pensare che tutto sommato valeva pure una messa… pardon, una guerra. Adesso con buona pace del “caro Salvini” la parola d’ordine è salvate il profugo, specie se è fanciullo non accompagnato, il cui ricavato sarà certamente più alto. La concorrenza tra Stati semindipendenti è aperta e quella tra capitalisti è già pianificata ferocemente nella guerra per la piena libertà di “liberare il prossimo”, sia in Africa che in Medio Oriente.

L’“identificazione”. È naturale che un profugo bombardato dall’imperialismo abbia più diritti di uno scappato di casa da un angolo qualunque dell’Africa sottoposta alla corruzione e alla miseria dal FMI. Il primo è uno che, dopo le sue ex materie prime, è adesso anch’egli un nostro potenziale produttore di ricchezza; il secondo è uno che non vuole pagare il debito contratto dai suoi padroni col FMI e questo proprio non è corretto, direbbe Schaeuble.

A chi toccherà la valutazione politica di qualificare l’immigrazione? Chi scriverà le regole europee, gli Stati attraverso i loro reggicoda, o caleranno direttamente dall’Olimpo del capitale finanziario? Vedremo. In definitiva si tratterrà di aggiudicarsi le qualità fisiche e culturali migliori degli schiavi dell’Africa “esplorata”. In questo campo chi meglio della Germania può vantare un esperienza migliore? Con un potere contrattuale di tutto rispetto che gli permetterà di fare la parte del leone.

Un tempo erano i Romani che dopo essersi “garantiti” i propri confini imperiali trascinavano in catene il bottino più prestigioso, frutto delle loro devastazioni: gli schiavi. La dimensione della brutalità democratica del capitale, oltre che razionale, è pure avara e non offre, purtroppo, le comodità di quei tempi e gli schiavi moderni debbono arrangiarsi e raggiungere i dominatori – i liberatori – con i propri mezzi. Da qui il genocidio per mare, da qui la distruzione deferita delle forze migliori. Le garanzie di un percorso in catene sarebbe troppo alto anche per la Germania post nazista. Finalmente, con la svolta “avveduta” della cancelliera, si sgonfiano le preoccupate ansie delle mafie accreditate, laddove il potere è veramente un passo avanti su tutti, per cui il volume d’affari rappresentato dal mercato del lavoro schiavistico potrà essere capitalizzato.

Ora gli immigrati, cioè i moderni schiavi, si consegnano agli Stati conquistatori, cioè all’Europa imperialista, come farebbe una popolazione privata per le nostre esigenze di dominio della propria dignità, della propria identità, oggi totalmente distrutte e che è loro diritto adesso reclamare dai loro “liberatori”. Dignità che li aspetta di diritto essendo essi oggetto delle conquiste territoriali e delle ricchezze energetiche dei loro Paesi. Paesi oggi nostri per naturale rapporto di forza economica e militare. Cittadinanza europea quindi, per diritto di conquista: cittadini liberi e schiavi moderni.

Ogni Stato che può dirsi felice per aver contribuito alla loro liberazione, partecipando in grande schiera con le più sofisticate armi di “liberazione di massa”, oggi si prodigano ad accogliere il prodotto delle loro fatiche umanitarie riconoscendoli come cittadini d’Europa. Accanto e per conto della NATO ci prodigammo umanamente nel sostenere il mercenariato moderato anti Assad; poi ci siamo accorti che eravamo per l’ennesima volta dalla parte sbagliata, quella americana; adesso per rimediare bombardiamo tutti.

Come tanti “picciotti” siamo sempre “a disposizione”. Sono passati quattro anni da quando una coalizione di 15 Stati europei ha distrutto il delicato tessuto tribale su cui si reggeva la Libia, che allora rappresentava il più avanzato Stato laico dell’Africa e oggi è semplicemente un non Stato, ricco di risorse per noi europei, che presto si trasformerà in una provincia meridionale dell’Europa e i cui cittadini scampati dal mare, reclamano un loro pieno diritto sulla base della Lex Iulia de civitate, virtualmente mai abrogata, di essere riconosciuti a tutti gli effetti cittadini europei.

Mario Rossi

La Lex Iulia de civitate latinis danda fu una legge romana promulgata da Lucio Giulio Cesare nel 90 a.C. Venne promulgata durante il periodo della Guerra sociale con lo scopo di concedere agli alleati fedeli (e ai ribelli ravveduti) gli stessi diritti dei cittadini romani. Con questa legge Cesare mirava a ingraziarsi il popolo e a schierarlo contro i suoi nemici, in quanto essere cittadino romano comportava grandi privilegi.