Meeting di Rimini, preti denunciano: Genocidio di cristiani in Siria e Iraq

Due parroci, due citta’, Erbil e Aleppo, due Paesi, ma un solo grido e un solp appello: aiutate i cristiani vittime di un “genocidio” in Iraq e di una “Apocalisse” in Siria. “Aiutate la mia gente. Vi imploro: non chiamate quello che succede nel mio paese un conflitto, è un genocidio e il genocidio è in Siria. Credo che ci distruggeranno in Medio Oriente, ma credo anche che l’ultima parola sarà la nostra. E sarà ‘Gesù ci ha salvati’, e’ la denuncia di Douglas Al-Bazi, parroco ad Erbil in Iraq, intervenendo  al Meeting di Cl a Rimini all’incontro “Una ragione per vivere e per morire: martiri di oggi”, cui ha partecipato anche Ibrahim Alsabgh, prete di una chiesa di Aleppo in Siria.

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“Quello che sta avvenendo in Siria è una vera e propria Apocalisse. Manca tutto ormai, anche l’acqua” e’ la denuncia di Alsabagh, parroco della Comunità Latina di Aleppo.”Siamo nel caos – ha spiegato Alsabagh- siamo nel disordine totale. Aleppo è divisa in decine di parti e ogni gruppo di jihadisti controlla una parte. Viviamo nel caos, con la mancanza di tutto, prima di ogni cosa della sicurezza. Ci sono bombardamenti che non risparmiano la gente nelle case, le moschee e le chiese, i bambini e gli anziani.

Siamo sotto un bombardamento continuo”.”Siamo proprio sulla linea del fuoco – ha detto il prete che vive in Siria-e noi non sappiamo quando potranno colpire la nostra chiesa: ne hanno già colpite tante. Siamo sotto tiro. Questi gruppi di terroristi hanno colpito ospedali, suore e case, con armi di grande distruzione e non solo con il gas“. In Siria e ad Aleppo in particolare “è molto difficile mangiare carne, latte e c’e’mancanza di medicine. Tanti medici hanno lasciato il paese e tanti ospedali sono rimasti senza medicine.

C’è poi la mancanza dell’acqua in questi giorni, è una cosa micidiale”, sottolinea Alsabgh, sacerdote da 10 anni, dal 2014 parroco di San Francesco d’Assisi ad Aleppo. Nella sua parrocchia in Siria a poche decine di metri dalla linea del fuoco ha creato un oratorio estivo con centinaia di bambini di famiglie non solo cristiane.”Diverse zone di Aleppo sono state distrutte completamente come delle zone vicino al nostro convento e chiesa cui si avvicinano i bombardamenti – dice il sacerdote di Aleppo -. Non sappiamo quando potranno colpire la nostra chiesa. I gruppi di terroristi colpiscono e seminano morte immigrazione e terrore. La gente non ce la fa. Quelli ricconi sono partiti dai primi due anni del conflitto. Sono rimasti con noi i più poveri.

La mancanza dell’acqua si e’ intensificata da un mese e mezzo. Alcune parti dei jihadisti controllano le pompe dell’acqua. L’acqua arriva in modo interrotto.

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Diversi bambini sono finiti in ospedale perché hanno bevuto acqua non potabile e ci sono stati morti perche’ e stata bevuta acqua non potabile. Perché allora “un cristiano deve rimanere? Meglio scappare e buttarsi nel mare. Anche tanti cristiani che hanno studiato. Tanta gente è obbligata, non ce la fa a vivere lì. Diversi sono i casi di cristiani che hanno lasciato il paese e lo lasceranno forse nel domani. Sembra che siamo nel libro dell’apocalisse. Per noi cristiani, parlo di Aleppo, specialmente, siamo nell’Apocalisse”.

“La situazione è di una instabilità totale continua, bisogna essere attenti non solo ai bisogni dei cristiani ma anche dei musulmani, dei bambini, di chi scappa dalle bombe”, racconta Alsabgh.“Se qualcuno dice che l’Isis non rappresenta l’Islam ha torto. L’Isis rappresenta l’Islam al 100 per cento”, prosegue Al- Bazi, che ha detto di aver subito due attentati e un sequestro e che sulla situazione in Iraq non ha usato mezzi termini: “Forse qui ci possono essere musulmani simpatici e amici, ma li’ sono degli assassini”.

“Sono orgoglioso di essere iracheno – aggiunge Al-Bazi rivolgendosi a una folta platea di ciellino che lo ha applaudito -e amo il mio paese, ma il mio paese purtroppo non e ‘orgoglioso che io sia parte di esso. I cristiani in medioriente sono l’unico gruppo che ha visto il volto del male, l’Islam”. “Aiutate la mia gente, salvate la mia gente. Sono un sacerdote e penso che mi ammazzeranno un giorno, ma mi preoccupo per i nostri figli”, conclude il parroco iracheno. (La Presse)