I suicidi tra gli appartenenti alle forze dell’Ordine. Una ecatombe scomoda

Ieri si è suicidato un altro appartenente alle forze dell’Ordine, buttandosi sotto un treno a Faenza, i giornali non dicono che sono decine le vittime dall’inizio dell’anno di questa strage. Ospitiamo l’intervento di Igor Gelarda e William Pacelli Dirigenti del sindacato di Polizia Consap

suicidio

Se confrontato con altre le nazioni il tasso dei suicidi in Italia è, fortunatamente, basso, per quanto sapere che circa 4000 persone all’anno si tolgono la vita nel Bel Paese è comunque triste. Recentemente i giornali hanno dato molto spazio a suicidi e tentati suicidi collegati alla crisi economica, con un tasso in aumento, addirittura raddoppiato, negli ultimi 3 anni. Ma c’è una tragedia nella tragedia, una ecatombe silenziosa, di cui i giornali o le televisioni parlano poco e con un certo imbarazzo: i sucidi tra gli appartenenti alle forze dell’Ordine e dell’Esercito.

Premesso che il suicidio è considerato tra i gesti più complessi che possa compiere un essere umano, e le cause sono sempre di difficile lettura, è ormai pacificamente accettato che togliersi la vita non interessa mai solo la sfera personale del singolo, ma anche quella sociale e di rapporti personali. Questo vale anche per i sucidi tra i componenti delle forze dell’ordine/militari, che coinvolgono, certo a vari livelli, tutto il gruppo (Polizia, Carabinieri, Polizia Locale etc.), nei suoi rapporti umani e nelle dinamiche lavorative.

Accettare il coinvolgimento, seppur in senso lato, delle Istituzioni nei suicidi dei propri dipendenti è difficile e impopolare, sia da un punto di vista delle responsabilità, che dalle misure di prevenzione che andrebbero adottate. Non possediamo dati precisi sull’entità del fenomeno.

Esercito e Carabinieri hanno delle statistiche Ufficiali (dal 2003 al 2013 ci sono stati 241 sucidi complessivi nell’Esercito, di cui 149 Carabinieri), mentre per la Polizia di Stato, per la Finanza e Penitenziaria non abbiamo dati ufficiali (almeno io non ne ho trovate). Ma nell’ultimo quinquennio il trend sembra essere peggiorato, e le notizie di cronaca degli ultimi mesi lo dimostrano impietosamente. Ma tra i Carabinieri, per i quali come dicevo possediamo dati certi, il tasso di suicidi è di circa 4 volte più alto rispetto la media italiana!!!! E riteniamo che per le altre forze di Polizia i dati non si discostino molto da quelli dell’Arma.

Un Poliziotto, un’appartenente alla Penitenziaria, un Carabiniere sono cittadini come tutti gli altri e le ragioni di un gesto così estremo sono simili a quelle delle altre persone. Almeno per un verso. Ma per un altro verso, alcune delle ragioni di una disperazione così profonda hanno delle concause proprio nel tipo di lavoro che svolgiamo e nelle strutture complesse e fortemente gerarchizzate di cui facciamo parte.

La crisi economica ha colpito tutti, anche noi. Eppure, quando hai una famiglia, due figli, la casa in affitto ed un solo stipendio (1.300- 1.500 euro), che nell’immaginario collettivo è uno stipendio sicuro, cominci ad impegnare il tuo salario con i prestiti, la cessione del quinto, la rata per pagare l’apparecchio dentale, o il calcetto, per i bambini. Badiamo bene, noi ringraziamo Dio per questo stipendio e sappiamo quanto siamo fortunati rispetto alla tragica situazione occupazionale in Italia. Ma così questo salario diventa preda di un sistema che ti inghiotte nelle spire dei debiti e dell’impossibilità di dare una risposta ai bisogni dei tuoi figli, che come tutti gli altri (anche voi che ci state leggendo), sanno che tu hai un lavoro sicuro ed un buon stipendio! Se con questo stipendio sicuro devi affrontare anche un fuori programma tra quelli dolorosi che la vita riserva (un figlio disabile o una malattia “complessa”), allora sei a posto! Il famoso stipendio sicuro serve anche per pagare il mantenimento a moglie e figli in caso di divorzi o separazioni e il cappio si stringe pian piano attorno al collo di chi ha anche perso la sua serenità familiare! Tutto nella norma se non fosse che la percentuale dei divorzi per la mia categoria lavorativa è drasticamente più alta rispetto la media italiana.

Le nostre amministrazioni di appartenenza hanno una attenzione spesso inadeguata verso i nostri problemi familiari. Lenti a trasferirti a casa, passano anni anche per chi era già sposato e con bambini. Chi ha gravi problemi familiari e fa servizio lontano dalla città di origine, ha diritto ad essere temporaneamente aggregato a casa. Tuttavia tale beneficio/diritto è dato con parsimonia, anche dinnanzi a casi gravi o urgenti.

Vi faccio un solo esempio, ma ne potremmo fare a centinaia: anche in caso di gravidanza a rischio i mariti non vengono mandati a casa prima del 5 o 6 mese di gestazione, anche nel caso di pregressi aborti! I primi mesi la gestante fa da sola!!! Si è disgregato lentamente ma inesorabilmente l’idea di gruppo tra componenti delle forze dell’Ordine: il senso di attaccamento ad una divisa, che ormai sembra non tutelarci più, si è fortemente ridimensionata.

Il nostro senso di appartenenza, che era uno dei punti di forza in passato, non è che, nella maggior parte dei casi, un pallido ricordo. E questo ci fa sentire più soli e più a rischio, almeno lavorativamente parlando! Parliamo dello stress da lavoro accumulato, che ti avvelena un po’ al giorno … Fare appostamenti di ore, “fronteggiare” la piazza sapendo spesso che chi manifesta esprime delle necessità sacrosante; vedere video con abusi sessuali ai minori, avere a che fare con gente morta, prendere denunce di borseggi e furti….ti lascia il segno per sempre. Non si sviluppa automaticamente il callo ad affrontare le situazioni drammatiche. La mente non si può abituare a certe cose e tu cambierai il tuo modo di vedere il mondo, la tua vita e gli altri.Un esempio: fotosegnalare/identificare i morti dei disastri dei barconi nel Canale di Sicilia è già di per se una cosa terribile. Ma pensate quando ai nostri colleghi si è presentata davanti la scena di una mamma annegata, con il feto della bambina espulso nell’estremo tentativo, purtroppo fallito, di dare la vita prima di affogare.

I contrasti con i superiori, in una struttura militare o simil-militare, sono frequenti e sono causa di frustrazioni gravi. Abbiamo un sistema disciplinare formulato negli anni ’80 che prevede ancora punizioni quale la deplorazione (una dichiarazione scritta di formale riprovazione, una specie di crocifissione in sala mensa). E per chi non paga i debiti, magari perché con un solo stipendio e tre figli non arrivi a fine mese e ti indebiti, la punizione che ti può essere data è una sanzione pecuniaria con la decurtazione del quinto dello stipendio! Debiti su debiti, come curare un eritema solare disteso al sole di Mondello a Luglio, insomma!

Forte la frustrazione lavorativa, e questo è comune con molti altri lavoratori in Italia, per la mancanza di meritocrazia e riconoscimento dei tanti anni di servizio o dei meriti conseguiti e dei pericoli passati per strada, magari in conflitti a fuoco. Scarse le speranze di avanzamenti di carriera, mentre le conoscenze personali, gli studi fatti, nella basa truppa non ottengono quasi mai il riconoscimento adeguato. E se hai un attimo di sbandamento psicologico, fosse anche un problema di tristezza più acuta e profonda, fare outing non è semplice. Dichiarare tali problemi significherebbe essere sottoposto a visita medica obbligatoria, con il rischio di essere privato della sua dignità di poliziotto, in alcuni casi anche dello stipendio fin quando il momentaccio non passa!

Tutte queste che abbiamo elencato sono possibili concause del fenomeno dei suicidi tra le Forze dell’Ordine, sulle quali si può lavorare. Noi non siamo psicologi, e il nostro punto di vista è da poliziotti, ma la strutturazione di una rete di aiuto per un supporto effettivo è quello che bisogna fare subito. Come anche eliminare l’obbligo che hanno psicologi e medici di segnalare il poliziotto che cerca un aiuto psicologico, a meno che non si ravvisi un certo grado di pericolosità (per sé o per gli altri). Anche questo ci aiuterebbe a sentirci meno soli. Per superare questa specie di clandestinità mediatica e questo tabù, noi del sindacato di Polizia Consap abbiamo organizzato un convegno a Palermo, per il prossimo ottobre, su questo argomento, cui parteciperà, oltre a chi vi scrive, il vice presidente della Camera Luigi di Maio ed esperti del settore.

Igor Gelarda e William Pacelli-Dirigenti sindacato Polizia Consap