Marocchino espulso dall’Italia minaccia: “Faccio ricorso e torno, il Califfo vincerà”

È stato espulso dall’Italia per propaganda pro Isis, ma è già pronto a fare ricorso un giovane marocchino di 30 anni, Oussama Khachia, che viveva a Varese con la famiglia. Ora da Casablanca ha parlato con la redazione diVarese News senza indietreggiare di un passo sulle sue convinzioni a proposito del Califfato: “Unisce i musulmani e fa ritornare la giustizia divina sulla Terra, si eliminano i confini che ci hanno disegnato dopo il 1924 e si eliminano tutti i dittatori arabi che piacciono tanto all’Occidente”.

espulso-Oussama-Khachia

Fine della democrazia – Quello che ripete Khachiaè un copione già sentito in ogni delirio jihadista usato per giustificare ogni atrocità dell’esercito islamico: “L’Isis è lo specchio dell’occidente – ha detto ai giornalisti – ma in alta definizione”. Per il marocchino è tutta colpa degli anni dicolonizzazione francese e inglese, oltre che le “invasioni” statunitensi in Iraq: “In ogni guerra ci sono atrocità” dice convinto il 30enne che profetizza la fine della democrazia a favore della Sharia.

Il reporter – Tutte le informazioni che arrivano in Italia, secondo Khachia, sono distorte, comprese le violenze islamiste sulle donne. Avrebbe voluto continuare la sua missione in Italia: “Facendo da tramite. Il filo bianco che cuce le due stoffe. Altrimenti un reporter della seconda generazione”. Nonostante le premesse dei suoi discorsi, il marocchino è convinto che avrebbe potuto fare una fantomatica: “Controinformazione indipendente, nel senso – ha chiarito – che non tirerei l’acqua al mio mulino, ma come è già capitato in passato mi occuperei di smentire notizie false arrivate dal Medio oriente”.

Le atrocità – Tante informazioni sarebbero deformate, ma non i video dei tagliagole: “Le decapitazzazioni sono verissime. Possiamo esser d’accordo o meno, però come dicono gli analisti che seguono il conflitto sono efficaci”.

La pizza – Il marocchino esalta il Califfato e gli inviti di Khalifah Ibrahim a tutti i musulmani di aderire allo Stato islamico. Ma lui personalmente non ci andrebbe, se non per “vedere cosa succede dentro con i miei occhi, non solo il dramma, ma anche la vita quotidiana”. Intanto sogna Varese, dove faceva: “Una vita semplice, otto o nove ore di lavoro, due o tre partitelle a calcetto a settimana”. Non ci spiega se un cattolico avrebbe avuto lo stesso trattamento nello Stato islamico, ma a Varese Khachia ammette: “Non sono mai stato minacciato in quanto musulmano, assolutamente”. Per quanto sua sorella, racconta il 30enne: “Una volta è stata malmenata mentre andava a lavorare” per colpa del velo dice lui. Una cosa poi gli manca su tutto il resto: “I pizzoccheri e la pizza a Varese” oltre che ovviamente: “La mia famiglia – ha aggiunto – e il mio lavoro”.

Fonte   libero