Bando alle improvvisazioni dal pulpito. Arriva il vademecum dell’omelia doc. Il ‘direttorio omiletico’, redatto dalla Congregazione del Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti con il benestare del Pontefice che sarà presentato in Vaticano martedì prossimo, in un centinaio di pagine dà istruzioni pratiche al perfetto ‘omileta’. La predica, si legge nel direttorio, “non è un sermone su un tema astratto; la messa non è un’occasione per il predicatore di affrontare argomenti completamente slegati dalla celebrazione liturgica e dalle sue letture, o per fare violenza sui testi previsti dalla Chiesa, concentrandoli per adattarli ad un’idea preconcetta”. E d’altra parte, annota ancora il direttorio, “l’omelia non è neppure un puro esercizio di esegesi biblica”.
Fuori dall”ecclesialese’, spiega all’Adnkronos don Sergio Tapia Velasco, docente della Facoltà di Comunicazione alla Pontificia Università della Santa Croce: “l’omelia deve aiutare le persone a vivere meglio. Dunque è molto positiva la risposta della Chiesa che scende in campo per dire che è giusto esigere di più da un sacerdote quando sale sul pulpito per predicare. Giusto che si formino dei professionisti della predica e non solo dei preti che fanno delle omelie frutto di ‘copia-incolla’ da Internet”.
Avverte il ‘direttorio omiletico’ che “l’omelia non deve essere impiegata come tempo di testimonianza personale del predicatore. E’ indubbio – si concede – che le persone possono essere profondamente toccate dalle storie personali, ma l’omelia deve esprimere la fede della Chiesa e non semplicemente la storia personale dell’omileta”. Nel manuale dell’omelia doc si ricorda che “l’omelia dovrebbe essere imbastita sui bisogni della comunità particolare e prendere davvero ispirazione da tale attenzione”. Nel vademecum si suggeriscono le istruzioni per l’omelia da tenere nelle festività, nei giorni feriali, in occasione della celebrazioni di matrimoni o per i funerali.
Già perché, per dirla con don Velasco, “ogni messa richiede una sua omelia. Ci sono circostanze in cui deve essere necessariamente più lunga e articolata. Il che – precisa – non significa che debba essere noiosa. Ma nei giorni feriali in cui si va al lavoro, l’omelia può essere anche solo di un paio di minuti. Importante che dia la giusta impostazione alla giornata del lavoratore”. Per niente secondario il linguaggio che si usa. Dice il direttorio: “l’omileta deve avere cura di trasporre i risultati del suo studio in un linguaggio che possa essere compreso dai suoi uditori. Papa Francesco mette in guardia i predicatori dall’uso di un linguaggio teologico specialistico che non è familiare agli uditori”.
Don Sergio Velasco dispensa qualche dato per fare apprezzare maggiormente l’importanza del vademecum della Congregazione del Culto Divino. “La nostra università – racconta – ha fatto una ricerca sul rapporto che i preti hanno con il web. E’ emerso che la stragrande maggioranza ha grande dimestichezza con Internet nello scaricare le prediche. Di per sè è una cosa buona, ma è chiaro che poi questi testi vanno elaborati dal sacerdote”.
Infatti, consiglia il direttorio: “è assai appropriato che un omileta sappia collegare i testi di una celebrazione a fatti e questioni di attualità, condividere i frutti dello studio per comprendere un brano della Scrittura e dimostrare il nesso che corre tra la Parola di Dio e la dottrina della Chiesa. L’omileta deve poi parlare in modo che chi l’ascolta possa avvertire la sua fede nella potenza di Dio”.