di Barbara Tampieri
Che orrore! La Gabba-nelli e il gatto vi hanno fatto vedere a “Report” come spiumano le oche (pensavate che gliele chiedessero per favore, vero?) e vi hanno fatto andare a letto con il senso di colpa. Per il Moncler (una delle poche aziende con qualcosa di italiano dentro rimaste, per altro), il piumino che tanto non vi potreste comperare lo stesso a Natale perché vi spiumeranno prima il conto corrente, magari per rifinanziare la loro bancaccia fallita di partito nel tentativo di renderla più appetibile per quegli squali incrociati con i vermi dei loro amici finanzieri. Bene, avete sofferto tanto. Il distrattore ha funzionato. Chi non proverebbe orrore per le sofferenze delle povere paperelle? Infatti io non ho guardato.
Bene, and now for something completely different.
Guardatevi questo documentario sui nostri fratelli greci, che tratta in specifico dell’epidemia di depressione che è calata sul paese come un castigo biblico.
Guardate e inorridite. Osservate come con la terapia dello shock si possa provocare un disastro mentale su larga scala, un genocidio senza sparare un colpo e accendere un forno ma solo con la complicità della propaganda dei media, con i telegiornali ansiogeni dei quali parlano gli psichiatri nel documentario.
L’ansia, il senso di colpa, quello di vergogna e la disperazione possono essere inoculati a milioni di persone, mentre si opera criminalmente per derubarle della propria ricchezza e gettarle nella disperazione. E’ istigazione collettiva al suicidio. E’ la prova di un crimine contro l’umanità, uno dei più efferati, che però non interessa a nessuno, tanto meno a coloro che vorrebbero esportare, dopo il grande successo in Grecia, la medesima terapia da noi e nel resto dell’Europa di seconda classe. Per liberarsi delle nuove vite indegne di essere vissute. O che hanno vissuto al di là delle proprie possibilità. Io non ci trovo molta differenza tra i due concetti, nonostante i settantanni che li separano.
Tra le testimonianze raccolte nel video, oltre a quelle degli operatori psichiatrici dei centri di aiuto che raccontano le cifre della tragedia, come l’aumento del 28% dei suicidi e l’impennata della depressione tra la popolazione, stringono il cuore quelle dei bambini e i loro disegni, con quei soli neri. Piccoli già vittime del convincimento che siano stati si i politici a ridurre le loro famiglie alla fame ma che soprattutto la colpa sia stata di quelle famiglie, di avere “speso troppi soldi”.
C’è un particolare sadismo in colui che ti toglie la felicità sostenendo che se sei stato felice fino ad ora non ne avresti avuto diritto. C’è un che di pedagogia nera dall’origine inconfondibile in questo senso di colpa inoculato come un veleno in popolazioni talmente solari, per restare in tema, da inventarsi una terapia a base di risate per tentare di sopportare l’angoscia del quotidiano. Uno degli intervistati dice, ad un certo punto:
“Noi abbiamo il sole. Sono riusciti a farci sentire in colpa per avere il sole.”
Una donna, il cui stipendio si è ormai dimezzato e non riesce più a pagare il mutuo, esprime la rabbia di chi ha capito chi l’ha ridotta alla disperazione. “La banca avrebbe dovuto sapere che non sarei stata in grado di pagare le rate. Avrebbe dovuto saperlo meglio di me.”
E un altro: “Ci hanno rovesciato addosso un benessere che non avevamo mai avuto, ma noi non volevamo tutto ciò, siamo gente semplice e non abbiamo molte pretese”.
L’uomo poi che racconta di essere invecchiato di vent’anni in poco tempo e che non si suicida perché non vuole lasciare da solo il figlio. Un bambino al quale riesce a dare da mangiare solo un piatto di fagioli.
Chi infine ha già preparato la corda appesa e te la mostra.
Un popolo intero, quindi, in preda alla depressione, una depressione provocata scientificamente dall’invidia di chi è convinto di non potersi meritare il sole a meno di toglierlo agli altri con la violenza.
Un popolo che sembra purtroppo fin troppo adagiato sul proprio destino, se è vero che pensa di affidarsi come unica speranza al toy boy delle damazze eurofile, quel Tsipras che, si, poveri greci ma l’euro non si tocca.