26 settembre – Una storia di otto anni fa, accaduta a Buenos Aires, aiuta a capire la posizione adottata da papa Francesco nei confronti dell’Isis, lo «Stato islamico» che ha intrapreso una spietata caccia ai cristiani. Evitando come sempre di nominare l’islam e i fanatici islamisti, Jorge Mario Bergoglio ha invitato a «fermare l’aggressore ingiusto», ma senza «bombardare» né «fare la guerra». Una scelta che non sembra lasciare salvezza alle vittime e per questo è giudicata sterile da molti: credenti (incluso, su queste colonne, Antonio Socci) e non (è il caso di Massimo Cacciari).
In realtà questo intervento è perfettamente in linea con le idee che Bergoglio ha espresso in tanti anni: sempre improntate all’ appeasement, all’accomodamento con quelli che il papa, anche di recente, ha chiamato «i nostri fratelli musulmani». L’episodio più clamoroso risale appunto al 2006, subito dopo il discorso tenuto da Joseph Ratzinger nell’aula magna dell’università di Ratisbona, il 12 settembre. In quell’occasione il papa tedesco aveva citato una frase dell’imperatore bizantino Manuele II: «Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava». Parole, spiegò poi Ratzinger, che gli servivano per «evidenziare il rapporto essenziale tra fede e ragione», e che non implicavano identica condanna dell’islam da parte del papa. Ma questa sottigliezza accademica e teologica non fu colta dal mondo islamico, che si scagliò compatto contro Ratzinger, il quale fu anche minacciato di morte.
A colpire il pontefice, però, furono soprattutto le accuse che gli lanciarono alcuni esponenti della Chiesa. Tra questi, l’allora arcivescovo di Buenos Aires. Il futuro papa non parlò in prima persona. A intervenire fu padre Guillermo Marcó, portavoce di Bergoglio. Parlando con l’edizione argentina del settimanale <Newsweek, usò toni durissimi: disse che quella di Ratzinger era stata una dichiarazione «infelice». E ancora: «Le parole del Papa non mi rappresentano, io non avrei mai fatto quella citazione». Concludendo: «Se il Papa non riconosce i valori dell’islam e tutto resta così, in venti secondi avremo distrutto ciò che è stato costruito in vent’anni».
Parlava Marcó, ma tutti sapevano che quelle frasi rappresentavano il pensiero del suo superiore. Così, mentre il papa difendeva le proprie ragioni dinanzi al mondo islamico, una delle voci più influenti della Chiesa latinoamericana, di fatto, si schierava dalla parte dei musulmani. Parole «inaudite», quelle del portavoce di Bergoglio, tanto che dentro le mura leonine «per un pezzo non si è parlato di altro», ha riferito un monsignore al Clarín, uno dei principali quotidiani argentini. Messo di fronte allo scandalo, Marcó sostenne di aver detto quelle cose non come addetto stampa di Bergoglio, ma in qualità di presidente dell’Istituto per il dialogo inter-religoso, altro incarico da lui ricoperto. Giustificazione poco credibile, tant’è che da Roma partirono pressioni sull’arcivescovo affinché lo sconfessasse. «Come è possibile che il suo portavoce abbia fatto simili dichiarazioni e Bergoglio non si senta obbligato a smentirlo e rimuoverlo immediatamente?» domandò al Clarín una fonte vaticana. Il sacerdote, però, rimase al proprio posto. Fu sostituito qualche mese dopo, quando a chiederne la testa, per altre ragioni, fu il ministro dell’Interno argentino, evidentemente ritenuto più importante di Benedetto XVI.
Nel frattempo il Vaticano aveva tolto uno degli uomini di Bergoglio, il gesuita Joaquín Piña, dall’incarico di arcivescovo di Puerto Iguazú: Piña aveva rilasciato alla stampa dichiarazioni simili a quelle di Marcó. Il quotidiano inglese The Telegraph, ricostruendo la vicenda, racconta che da Roma avvisarono Bergoglio che sarebbe stato rimosso anche lui, se avesse continuato a delegittimare Ratzinger. E che Bergoglio reagì cancellando il viaggio che avrebbe dovuto portarlo al sinodo convocato dal papa. La cosa non finì lì. Il 22 febbraio 2011 il nunzio apostolico in Argentina, l’arcivescovo Adriano Bernardini, proprio a Buenos Aires pronunciò un’omelia di fuoco contro i nemici di Ratzinger. Il Santo Padre, disse, è vittima di una «persecuzione», è stato «abbandonato dagli oppositori alla Verità, ma soprattutto da certi sacerdoti e religiosi, non solo dai vescovi». Molti di quelli cui si riferiva erano lì, in chiesa, davanti a lui. Bernardini, oggi nunzio in Italia, non è annoverato tra le simpatie di papa Bergoglio.
di Fausto Carioti LIBERO