Anarchia anche nella Chiesa, preti dichiarano di aver “sposato” divorziati e gay

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L’anarchia regna sovrana nell’ambito delle unioni gay e di quelle fra divorziati. Abbiamo visto, solo per citare un esempio,  sindaci registrare matrimoni avvenuti all’estero, benchè le leggi italiane non prevedano ancora nozze tra persone dello stesso sesso. Le direttive della potente lobby gay hanno già scavalcato le leggi, ma non è tutto: chi ha creduto che, almeno nella chiesa, i dogmi avessero tenuto, si sbaglia. Ciò che per secoli è stato chiamato “ordine costituito” non esiste piu’, nè nella società laica, nè in quella religiosa e tantomeno fra i rispettivi rappresentanti istiuzionali. Ognuno fa come gli pare, infischiandosene delle regole. E non solo in Italia.

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4 agosto – (di Mauro Faverzani) L’inchiesta condotta dalla Ccbf, la Conferenza cattolica dei battezzati e delle battezzate francofoni, è choccante, ma parla chiaro: 75 preti e diaconi ammettono tranquillamente di violare la disciplina della Chiesa in fatto di nozze.

Come? Accettando di celebrare le unioni tra persone divorziate, ciò che è del tutto contrario all’indissolubilità del Matrimonio. Il Codice di Diritto Canonico, in questo, non lascia il benché minimo spazio a dubbi: «Le proprietà essenziali del matrimonio sono l’unità e l’indissolubilità» (can. 1056). Ma, per loro, le regole sono saltate. Oltre il 60% dei sacerdoti intervistati, infatti, ha dichiarato di non chiedere alcun permesso, in questi casi, al Vescovo o al Parroco, celebrano e tanti saluti a tutti. Non solo: da veri trapezisti liturgici, tentano di giustificare l’ingiustificabile, spiegando come la loro cerimonia, in realtà, sia una semplice benedizione, non un Sacramento.

Ritenendosi così a pieno diritto entro i confini della Chiesa e del diritto canonico. Ma contravvenendo consapevolmente all’esortazione apostolica Familiaris Consortio di San Giovanni Paolo II, che al n. 84 recita: «Similmente, il rispetto dovuto sia al Sacramento del Matrimonio, sia agli stessi coniugi ed ai loro familiari, sia ancora alla comunità dei fedeli, proibisce ad ogni pastore, per qualsiasi motivo o pretesto anche pastorale, di porre in atto, a favore dei divorziati che si risposano, cerimonie di qualsiasi genere. Queste, infatti, darebbero l’impressione della celebrazione di nuove nozze sacramentali valide e indurrebbero conseguentemente in errore circa l’indissolubilità del matrimonio validamente contratto. Agendo in tal modo, la Chiesa professa la propria fedeltà a Cristo ed alla Sua Verità; nello stesso tempo si comporta con animo materno verso questi suoi figli, specialmente verso coloro che, senza loro colpa, sono stati abbandonati dal loro coniuge legittimo».

Non solo: 7 dei 75 intervistati ribelli ha dichiarato d’aver già benedetto unioni omosessuali. E 39 si dicono pronti a farlo, qualora si presentasse l’occasione. Con una spavalderia arrogante e sacrilega al punto da richiedere una risposta chiara ed immediata da parte dell’Autorità competente.

Viceversa il quotidiano francese “La Croix”si limita a considerare, laconico, come «il soggetto del “matrimonio bis” sia uno dei punti sensibili, che verranno affrontati al Sinodo dei Vescovi sulla famiglia, previsto a Roma dal 5 al 19 ottobre».

Secondo il giornale on line “Riposte Catholique”, si tratterebbe di una strategia, finalizzata a condizionare i lavori del Sinodo: siccome alcuni già lo fanno, meglio regolarizzare la situazione, questo sarebbe il senso dell’iniziativa. Esattamente il metodo seguito a proposito della Comunione sulla mano. Per evitare che Paolo VI ne rinnovasse il divieto, ci si affrettò a dirgli che tale eventualità avrebbe fatto più male che bene alla Chiesa, essendo tale prassi ormai comune e tacitamente accettata in numerose Parrocchie. Paolo VI cedette con gli esiti a dir poco tristi, che ben conosciamo. Ed ora, Papa Francesco?

(Mauro Faverzani) corrispondenzaromana