ROMA, 12 apr – – L’Unione europea punta sui giovani per costruire un Mediterraneo migliore. E lo fa con il programma ‘Power2Youth’, presentato oggi a Roma, presso l’università la Sapienza in collaborazione con lo Iai, l’Istituto affari internazionali.
Al centro di tutto c’è la volontà (e la necessità) di capire meglio le dinamiche dell’esclusione sul piano economico, politico e culturale dei giovani della riva sud e mediorientale, così da poter poi agire per ribaltare la situazione. Per farlo, l’Unione Europea ha messo in agenda un programma di tre anni e un budget di oltre 3.4 miliardi di euro.
“Power2Youth – è stato spiegato durante la presentazione – è un consorzio di centri di ricerca e università di Paesi membri europei, oltre a Norvegia e Svizzera, e di Paesi del Mediterraneo sudorientale”. Lo scopo ultimo è quello di fornire “indicazioni politiche innovative e concrete” per favorire un trasferimento di peso economico e sociale in favore delle nuove generazioni. Il primo passo sarà “estendere la conoscenza dei processi complessi che regolano l’esclusione e l’inserimento giovanili”.
Nello specifico, cinque saranno i Paesi della riva sudest presi in esame: Marocco, Libano, Tunisia, Egitto, Turchia, a cui si aggiungono i territori palestinesi. “Il tema dei giovani del Mediterraneo è fondamentale”, dice ad ANSAmed la professoressa Isabella Camera D’Afflitto, nota arabista e delegata della Sapienza per i Paesi arabi e mediterranei. “E’ una questione che ciclicamente ritorna, ma che spesso non viene affrontata come si dovrebbe. Uno dei problemi è rappresentato dal fatto che noi in Europa dobbiamo iniziare a guardare alla sponda sud con altri occhi, non più con gli occhi di chi va a portare la dottrina, ma con quelli di chi vuole capire chi sono queste persone e la loro cultura. Finora tutto questo non ha interessato nessuno: ora siamo in una fase un po’ diversa”. “La prima uscita da premier di Matteo Renzi in Tunisia, ma anche uno dei primi viaggi istituzionali del presidente francese Francois Hollande in Marocco dimostrano che ormai anche politica e capi di governo capiscono che bisogna guardare verso questi Paesi, che hanno potenzialità enormi, anche per le nostre industrie”.
Ma se dalla politica arrivano segnali incoraggianti, l’opinione pubblica, furi dai circoli accademici e studenteschi, appare ancora alle prese con tare culturali da superare.
“In Italia – spiega la professoressa – ci sono forti tracce, se non di razzismo, quanto meno di ignoranza. C’è ancora il cliché del ‘vu cumprà’, si pensa che tutti gli arabi siano musulmani e che tutti i musulmani siano integralisti. Per questo sono fondamentali scambi accademici e borse di studio che consentano ai ragazzi della riva sud di studiare da noi e viceversa. Gli studenti sono i migliori ambasciatori che ci possiamo augurare”. (ANSAmed).