Fallimento Ber: due processi ancora aperti

Tribunale

Quello che si è concluso il 31 marzo scorso, con la condanna in primo grado a due anni e due mesi per l’ex funzionaria Roberta Tattini, è solamente il primo filone processuale che riguarda il fallimento del Banco Emiliano Romagnolo, commissariato dalla Banca di Italia il 18 giugno del 2009, e salvato da Intesa Sanpaolo nel 2011.
Ai quattro imputati (oltre alla Tattini, l’ex direttore generale dell’istituto Paolo Lelli e le dipendenti Maria Cristina Bertondini e Sofia Limarzi, tutti assolti perché il fatto non costituisce reato), i Pubblici Ministeri avevano contestato l’appropriazione indebita di finanziamenti concessi fra il giugno del 2008 e il gennaio del 2009, senza alcuna autorizzazione da parte del Consiglio di Amministrazione e del Comitato esecutivo di Ber, per un importo complessivo pari a circa 15 milioni di euro. Lelli era stato accusato anche di riciclaggio, per avere trasferito il denaro di un cliente alla Banca di San Marino, in modo da nasconderne la provenienza da reati.

Era la mattina del 7 dicembre del 2010 quando 1.500 risparmiatori dell’istituto si sono svegliati e hanno scoperto di non potere più accedere al proprio conto corrente e ai pagamenti automatici (che per molti significava le bollette o le rate dell’automobile o del mutuo), al bancomat e ai titoli in deposito. Tutto congelato, a seguito di un decreto del Ministero del Tesoro, pur essendo una proprietà esclusiva dei clienti.
Il danno per i risparmiatori, però, non finiva qui. In seguito molti di loro si sono anche ritrovati sommersi da un bel mucchio di debiti, completamente a loro insaputa. Erano infatti i loro soldi quelli che venivano arbitrariamente spostati per “tappare i buchi” di una cattiva gestione, utilizzando le loro password di accesso e faLsificando le loro firme sulle delibere di affidamento.
Fra le vittime del crack da 170 milioni di euro, anche non pochi clienti “vip”. In primo luogo la famiglia Pavarotti al gran completo: non solamente la prima moglie Adua Veroni e le figlie del primo matrimonio Cristina, Giuliana e Lorenza, ma pure Nicoletta Mantovani e la giovanissima Alice (7 anni all’epoca dei fatti). Così come l’associazione Telefono azzurro.
E molti “vip” sono anche stati ascoltati come testimoni nel corso delle indagini: due fra tutti, la soprano Mirella Freni e il Presidente del Bologna Albano Guaraldi, allora consigliere di Ber.

Adesso si attendono gli sviluppi degli altri due rami dell’indagine.
Nel primo, l’ex presidente dell’istituto Alberto Maffei Alberti, l’ex direttore generale Paolo Lelli e il presidente del collegio sindacale Carlo Valli sono accusati di avere convinto i soci ad approvare un aumento di capitale proprio alla vigilia della proposta di commissariamento avanzata dalla Banca d’Italia. Un provvedimento di cui -secondo la denuncia di due ex soci- Maffei Alberti non poteva non essere a conoscenza.
Nel secondo, 14 persone, fra cui l’ex direttore generale Paolo Lelli, sono state indagati per la violazione di un articolo del Codice civile, «infedeltà patrimoniale», con l’ipotesi di avere causato un danno alla banca di cui erano consiglieri o funzionari.
E’ in questo filone di inchiesta che il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza aveva sollevato un possibile conflitto di interessi per Guaraldi, in qualità di ex consigliere di Ber e contemporaneamente socio di Intermedia. Nel luglio del 2013, però, la Procura di Bologna ha chiesto l’archiviazione del fascicolo che lo riguarda.

 

Luca Balduzzi