Raffaella Scrimitore
Le origini dell’animazione italiana
Casa editrice Tunuè
Inizia con una panoramica sulla nascita del cinema d’animazione in Italia questo volume che indaga, con dovizia di particolari unici e inediti, la vita e l’opera di ogni animatore che ha lavorato nei primi cinquant’anni del secolo scorso e ne analizza tutte le pellicole giunte fino a noi. Dal cinema delle attrazioni di Leopoldo Fregoli (1867-1936), ai film astratti di Ginna e Corra, al primo cortometraggio di Giulio Chierchini, celebre disegnatore Disney, dall’opera di Gibba, veterano del cinema d’animazione italiano, ad Antonio Rubino, celebre autore de Il Corriere dei Piccoli, fino a Nino Toni Pagot, popolari creatori di “Calimero”. Grazie al contributo e alle testimonianze dirette degli eredi e al supporto di alcuni importanti archivi, come quello dell’Istituto Nazionale Luce, vengono per la prima volte analizzate le opere che hanno dato vita al cinema d’animazione nel nostro paese, in un testo arricchito con preziose immagini inedite, dei film conservati e di quelli perduti per sempre.
Raffaella Scrimitore è nata a Milano, dove vive e lavora. Laureata in Storia del cinema di animazione è cultrice della materia presso l’insegnamento di Teoria e analisi del linguaggio cinematografico all’Università degli Studi di Milano. Curatrice di retrospettive e mostre sul cinema e del volume Il cinema d’animazione e la nuova critica
INTERVISTA A RAFFAELLA SCRIMITORE, MARTEDI’ 16 DICEMBRE 2013 (a cura di Luca Balduzzi)
Quando nasce l’animazione italiana?
Il cinema d’animazione in Italia, diversamente da come spesso viene riportato, non nasce nel 1917 con l’esperienza di Segundo de Chomon in Italia, né tantomeno nel 1949 con i due primi lungometraggi I fratelli Dinamite e La rosa di Bagdad. I primi importanti tentativi sperimentali e risalgono, infatti, al 1911-12 quando Ginna e Corra, noti per la loro successiva adesione al Futurismo, realizzano dei film astratti cercando di mettere in relazione la musica con i colori in movimento. Negli anni Venti troviamo poi le prime esperienze professionali documentate, con il genovese Giovanni Bottini e La rana dispettosa, e con Carlo Amedeo Frascari Zambonelli e il suo progetto per una serie di film comici animati per la casa di produzione Tiziano Film di Torino.
Quali sono i personaggi e gli autori più significativi del mondo dell’animazione del nostro paese? E, come in molte storie, anche in questa ci sono stati dei “cervelli in fuga”?
Tra i personaggi animati più importanti c’è sicuramente il famoso Pinocchio di Bacchini, perché nel 1935 il primo grande progetto (purtroppo fallito) per la realizzazione di un lungometraggio era basato sul libro di Collodi. Il film non vide mai la luce: la leggenda narra che Disney comprò i diritti del romanzo e addirittura i negativi del film, ma la realtà è ben diversa come racconto in maniera approfondita nel mio libro.
L’animatore più importante in Italia fino al 1949 è Luigi Liberio Pensuti la cui prolifica attività come animatore è simbolo della maturazione del cinema d’animazione italiano. L’opera di Pensuti, che lavora all’Istituto Nazionale Luce e alla Incom come direttore del reparto animazione, seppur molto spesso al servizio del Regime per propaganda bellica, è caratterizzata da grande maestria tecnica e originalità.
Fughe di cervelli ce ne furono: la più famosa è quella di Mimma Indelli che lavorò sempre in Francia mentre Ugo D’Orsi migrò negli Usa, lavorando anche alla Disney. Fortunatamente esistono anche casi contrari come Segundo de Chomon, celebre la sua collaborazione per i trucchi a Cabiria, e l’ucraino Paul Bianchi che si dedicò a film pubblicitari.
Si possono definire alcune peculiarità nella maniera di fare animazione in Italia?
In primo luogo una tecnica privilegiata, che è quella del disegno animato e deriva dalla nostra tradizione illustrativa e grafica e che spiega il legame profondo con il mondo del fumetto, dal quale provengono o dove poi confluiscono le esperienze di numerosi animatori.
Una peculiarità negativa dell’animazione italiana è, invece, l’instabilità produttiva che, eccezion fatta per il periodo di Carosello, fin dalle origini condiziona il mondo dell’animazione in Italia. Numerosi nella mia ricerca, e purtroppo anche oggi, sono i progetti falliti anche quando ben avviati oppure film, soprattutto se di autori indipendenti e non destinati alla televisione, la cui realizzazione richiede molti anni o che non trovano canali di distribuzione.
Gli animatori italiani sono sempre spinti da una forte passione che permette loro di non arrendersi alle difficoltà produttive e credere in progetti solitamente di grande valore artistico, ma che difficilmente trovano spazio nel mercato esclusivamente televisivo e pregiudizialmente destinato ai bambini.
Un canale importante per lo sviluppo e la diffusione dell’animazione nel nostro paese è stata anche la pubblicità, attraverso Carosello…
La pubblicità è stata anche da prima di Carosello un committente importante per gli animatori italiani: l’animazione a fini reclamistici, infatti, nasce per il cinema, in una forma più lunga e più spettacolare rispetto a quella che poi ci siamo abituati a vedere in tv.
Tra i nomi più importanti sicuramente quello dei Pagot, a cui dedico il meritato spazio all’interno della mia ricerca. Nino e Toni Pagot iniziano realizzando brevi film pubblicitari destinati alle sale cinematografiche, realizzano il lungometraggio I fratelli Dinamite nel 1949, per poi essere consacrati e raggiungere il successo nell’animazione italiana con l’invenzione del personaggio di Calimero.
Come ha reagito il mondo dell’animazione del nostro paese di fronte allo “strapotere” straniero della Disney prima e della fusione Disney-Pixar oggi?
Disney è stato da sempre l’orizzonte a cui tendere per la nostra animazione, fin dagli anni Quaranta quando gli animatori italiani presentavano i loro film a critica e pubblico, già abituati alla produzione disneyana. Il modello è da sempre irraggiungibile perché basato su un sistema industriale e una potenza produttiva che nel nostro paese non c’è mai stata e ancora oggi in alcuni casi si fa fatica a trovare. La lezione fondamentale dell’animazione made in USA è l’unione di grande professionalità tecnica al servizio di una storia ricca di significati, non sempre in Italia questi aspetti sono stati ben coniugati.
Come sono cambiate l’arte e la tecnica dell’animazione con l’arrivo delle nuove tecnologie?
Le tappe fondamentali nella storia del cinema d’animazione sono state sempre segnate da un’evoluzione tecnica, basti pensare all’arrivo del sonoro che ha consacrato la nascita di Mickey Mouse o l’invenzione del rodovetro (fogli di celluloide trasparenti) che ha consentito agli animatori di disegnare le fasi del movimento del personaggio senza dover ridisegnare interamente lo sfondo ogni volta. L’arrivo del digitale ha velocizzato molti aspetti nella produzione e nuove tecnologie come la motion capture e la continua evoluzione digitale offrono sempre maggiori possibilità.
Qual è il segreto della longevità di un genere come il cartone animato?
Finché esisterà l’immaginazione e la capacità di sognare altri mondi, il cinema, soprattutto d’animazione, sarà sempre il canale preferenziale per rappresentarli. Basti pensare all’uso dell’animazione come trucco ed effetto speciale (dagli oggetti in movimento nei film delle origini fino ad Avatar) o alla rappresentazione dell’irreale nei film con attori in carne ed ossa (per esempio Mary Poppins o Chi ha incastrato Roger Rabbit?) o alla possibilità che offre all’animatore di creare un mondo nella sua interezza.
Una necessità demiurgica e creativa ha spinto per la prima volta un artista a infondere anima e movimento ai disegni, questo è alla base dalla nascita del cinema d’animazione e vale ancora oggi.