8 dic – Lo spirito moderno maschera il male attraverso opere di bene. Nel terzo millennio infatti, fondazioni filantropiche, organizzazioni per la pace, associazioni per i diritti umani, o ancora istituti per l’ambiente, sono il più delle volte gestiti da ultra-miliardari, potentati economici, grandi famiglie legate al mondo delle banche e della finanza, personaggi influenti negli ambienti politici e lobbistici.
Gli esempi sono tanti, basti pensare alla dinastia dei Rockefeller che dopo aver fondato la Standard Oil e partecipato alla colonizzazione dei Paesi ricchi di petrolio, e diretto la JMorgan per quasi un secolo e speculato sui patrimoni privati dei cittadini statunitensi, ha fondato la sua Fondazione, la “Rockefeller Foundation”, con lo scopo dichiarato di promuovere il “benessere” del genere umano in tutto il mondo.
Oppure si pensi a Bernhard van Lippe-Biesterfeld (1901-2004), principe dei Paesi Bassi, il quale fu fondatore e presidente tra il 1961 e il 1971 del Worldwide Fund for Nature (Wwf), organizzazione mondiale per la conservazione della natura. Nel dopoguerra anche lui assunse importanti posizioni nell’industria petrolifera, in particolare con la Royal Dutch Petroleum (Shell Oil) e nell’istituto bancario Société Générale de Belgique, diventando persino presidente del Gruppo Bilderberg fino a quando nel 1976 diede le dimissioni per lo scandalo di una tangente da 1,1 milioni di dollari dalla Lockheed Corporation per la vendita di aerei caccia all’aviazione olandese.
Altro esempio che incarna lo spirito moderno è il miliardario statunitense di origine ungherese George Soros, noto speculatore internazionale e fondatore della “Open Society”, un istituto “filantropico” che tutela la democrazia nel mondo, i diritti dell’uomo e le riforme economiche, sociali e legali. Una personalità estremamente influente che negli ultimi decenni ha partecipato alla svalutazione della lira negli anni Novanta, lottato contro il governo serbo di Milosevic, foraggiato le rivoluzioni colorate in Europa dell’Est, finanziato le Pussy Riot contro Vladimir Putin, sostenuto le Femen nelle loro contestazioni pubbliche, organizzato il GayFest in Bulgaria, formato i blogger durante le cosiddette primavere arabe, e che oggi potrebbe lanciare un nuovo progetto presentato la scorsa settimana sul quotidiano inglese The Guardian: “far nascere una classe operaia Rom”.
Pubblichiamo qui sotto la traduzione di questo articolo, lasciando al lettore la più totale possibilità di trarne dovute riflessioni e conclusioni. Sebastiano Caputo
“In tutta Europa, milioni di persone soffrono la disoccupazione e la prospettiva di un lungo periodo di stagnazione economica. Ma nessun gruppo è stato più colpito dei Rom. Ce ne sono più di 10 milioni che vivono in Europa, principalmente concentrati nei Balcani e nei nuovi Stati membri dell’Unione Europea, in particolare Romania, Bulgaria, Slovacchia e Ungheria. Quello che è veramente scioccante è che le loro condizioni di vita sono peggiorate quando sono diventati cittadini dell’Ue. Ed allo stesso tempo, l’opinione della maggioranza della popolazione è diventata più ostile nei loro confronti.
Due sono le tendenze che si rafforzano reciprocamente: l’emarginazione genera disprezzo, e viceversa. L’unico modo per sfuggire da questa trappola è quello di investire nella formazione. Si consideri, per esempio che i Rom rappresentano oltre il 20% di nuova forza-lavoro dei Paesi sopracitati. La buona notizia è che sappiamo come preparare i Rom a diventare membri produttivi della società. Le mie fondazioni sono attive nella formazione di questi ultimi da oltre 25 anni. In tutto questo periodo abbiamo formato un piccolo gruppo di giovani Rom che sanno conservare la propria identità e persino rompere gli stereotipi ostili da parte di coloro con cui interagiscono.
Con la Banca Mondiale, abbiamo creato il Fondo per l’istruzione dei Rom nel 2005 (Rom Education Fund, REF) che è pronto ad assistere le autorità nazionali responsabili dell’istruzione in tutta l’Unione Europea per migliorare il loro lavoro che consiste nell’educazione dei bambini Rom. Attualmente questi programmi raggiungono oltre 100.000 studenti ogni anno, tra cui più di 1.600 studenti che ricevono borse di studio. Ma queste cifre sono ben al di sotto della portata del problema. La metà dei Rom è in età scolare, e la loro popolazione sta crescendo più velocemente rispetto alla capacità del REF. Il bilancio annuale del Fondo è di 12 milioni di euro, di cui la mia fondazione copre quasi la metà, ed è difficile per noi raccogliere ulteriori fondi. Questo è inaccettabile. I programmi sviluppati da REF devono essere ridimensionati dai governi, con l’assistenza dell’Unione Europea, e messi a disposizione di tutti i bambini Rom in Europa. La Commissione europea ha svolto un ruolo molto importante attraverso i suoi fondi strutturali, che coprono fino al 80% dei costi addizionali legati all’integrazione dei Rom. Purtroppo, il restante 20% sono difficili da soddisfare a causa del sentimento anti-rom in Europa. Per rompere gli stereotipi negativi essi dovrebbero essere educati ad essere fieri della loro cultura. Questo è ciò che il REF ha fatto. Quando sono educati, i Rom non sono associati ai classici stereotipi e s’integrano con la popolazione, anche se spesso qualche ostilità rimane. Nonostante l’approccio sviluppato dal REF sia stato generalmente adottato, sarà un lungo cammino il nostro.
Ma l’educazione non è sufficiente. I Rom devono anche essere in grado di trovare un lavoro. Una soluzione sostenibile è necessaria affinché in Europa venga creata una classe operaia Rom. Qui, il settore privato ha un ruolo da svolgere. Di fatto con esperti della Commissione Europea dobbiamo sviluppare un progetto di partnership con il settore privato per fornire tirocini per giovani rom iscritti nelle scuole professionali. La Romania ha già adottato un progetto similare per la popolazione rumena e che sarà esteso anche ai Rom. Inoltre il Ministro dell’Istruzione Remus Pricopie ha esortato altri governi ad attuare misure analoghe.
Cerchiamo di essere onesti: c’è un problema con i Rom in Europa, e la situazione peggiora. Ma i problemi peggiori sono l’ostilità e l’abbandono. In realtà, l’educazione dei Rom in Europa dimostra ogni giorno che il problema è eminentemente risolvibile, ma per risolverlo, ci vorrà più di una generazione. L’Europa non può permettersi di attendere la ripresa economica visto l’aumento della popolazione Rom per cui è necessario cominciare adesso”
(Traduzione di Sebastiano Caputo dell’articolo “Europe needs a Roma working class” pubblicato su The Guardian giovedì 26 novembre).
Sebastiano Caputo
www.ilribelle.com
4.12.2013