23 nov – Olli Rehn, pur avendo recentemente assunto un ruolo più ampio – era commissario per gli affari monetari, ora è o sarebbe anche e soprattutto vice presidente della Commissione Europea -, continua a sferzare l’Italia spingendola a privatizzare ed a ridurre il debito, l’ultima volta il 22 Dicembre scorso. Parallelamente Letta annuncia privatizzazioni di pesanti ed importanti assets nazionali. Allo stesso stesso tempo membri dello stesso Governo Letta dicono che privatizzare oggi ed a questi prezzi è come svendere l’argenteria agli usurai (!), dichiarandosi apertamente favorevoli a privatizzare alle giuste condizioni ma essendo assolutamente contrari a svendite, come quelle attuali (Daniele Capezzone, Presidente della Commissione Finanze della Camera, 21 Dicembre 2012: meriterebbe un un encomio ufficiale per queste frasi). Certo è che gli assets italiani quotati viaggiano oggigiorno a prezzi di realizzo, o quasi, rispetto alle potenzialità.
Olli Rehn le richiede urgentemente, gli stessi Membri del Governo le considerano delle Svendite: fermiamo le Privatizzazioni (chiamiamoli Saldi) del duo Letta Saccomanni!
Dunque, che dire? Solo che abbiamo innanzi lo scempio. Andiamo ad analizzare i risultati della privatizzazione farsa di Telecom Italia, senza dimenticare la vendita a saldo di Telecom Argentina di alcuni giorni fa a soggetti in odore di connivenza con Telefonica, azionista straniero di minoranza del gigante italiano delle telecomunicazioni: come possiamo fare due volte lo stesso errore? Possiamo aggiungere i vari e recenti rumors di svendita di assets di pregio controllati dallo Stato italiano, ENEL ed ENI in pole position. E notasi, soprattutto per le ultime due aziende, stiamo parlando di titoli al top della redditività internazionale, ossia non è vero né che sfigurino rispetto ai competitors europei né che siano aziende malgestite, anzi!
Non voglio dilungarmi oltre, il messaggio deve essere stringato: privatizzare non significa svendere! Ripeto un messaggio già “usato” in passato: se un’azienda va bene perché privatizzarla? Se rende più del debito statale, perché alienarla (ad es. ENI, ENEL)? Se genera occupazione in Italia, perché venderla soprattutto se sistemica e strategica, facendo poi spostare la sede e l’occupazione all’estero?
I campioni nazionali devono essere o mantenuti nel controllo statale in quanto sistemici o alienati a prezzi adeguati e quindi non svenduti, ossia l’incanto non deve essere comunque fatto ora! Ossia bisogna evitare di (s)vendere nel momento in cui l’Italia sembra costretta a fare tale passo dagli stessi paesi che saranno poi interessati a comprare quello che l’Italia vende in saldo. Ricordiamo l’articolo di oggi su La Stampai, testata che brilla per un apparente europeismo convinto, non mi stupirei che qualcuno degli assets in saldo fosse nelle mire della nobiltà economica torinese una volta venduta Chrysler, magari addirittura Eni o ENEL, non mi stupirei affatto. In detto articolo scopriamo che solo la metà dei proventi attesi dalle (s)vendite servirebbe per pagare il debito statale, obiettivo che a parole sarebbe l’unico scopo delle alienazioni. Ossia, si vendono gli assets per alimentare la spesa corrente, pazzia pura! La norma – ed il buonsenso – direbbe/ro che prima si devono tagliare i costi e le spese e poi, eventualmente ed a prezzo congruo, si dovrebbe privatizzare!
In un altro interessante articolo di ieri, su Milano Finanza, si descrive la decisione di Eni di vendere la sua partecipazione nella russa Severenergia a Novatek per un prezzo ritenuto irrisorio. Dico io, i russi, certamente spaventati per una possibile (s)vendita di ENI avranno pensato che non sapendo che azionista ci si sarebbe potuti trovare in casa in caso di privatizzazione forzata dall’Europa (ossia spaventati dai possibili futuri acquirenti, con il pasticcio verbal-comunicativo che sta facendo il duo Letta Saccomanni), si sian detti che era meglio ripristinare una compagine totalmente nazionale. Chapeau, almeno i russi sanno fare i propri interessi di sistema!
Insomma, questa storia delle privatizzazioni a basso prezzo puzza, e molto! Fermiamo Letta e Saccomanni prima che sia troppo tardi, fermiamoli fino a quando non avremo capito se i loro intenti sono finalizzati al bene del Paese e non al bene della propria carriera futura! In gioco non ci sono solo aziende e denaro, ci sono fiumi di denaro oltre che l’occupazione futura italiana, ossia il futuro delle nuove generazioni! Oltre che la base del sistema manifatturiero nazionale.
Non è uno scherzo e non è un gioco: l’Italia oggi non si può più permettere di svendere aziende sistemiche, non siamo più negli anni ’90 quando a Prodi e Draghi poteva essere permesso fare errori calcolati. Errori che, per inciso, fruttarono brillanti carriere internazionali a coloro che privatizzarono/svendettero allo straniero….