Le coop, le assunzioni, le truffe e il business degli immigrati in Sicilia

BUSINESS DEI MIGRANTI: COSA CI FA A LAMPEDUSA LA COOPERATIVA SISIFO (LEGACOOP, EMANAZIONE PD), LA STESSA CHE FU ACCUSATA PER UNA CRESTA DA 500 MILA EURO PER LA GESTIONE DI UN CAMPO DI ACCOGLIENZA?

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Rifugiati, truffati e spremuti: in Sicilia i migranti sono diventati un business

25-07-2011

di Antonio Mazzeo

 Truffa aggravata e continuata. È l’accusa formulata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Patti nei confronti di Cono Galipò, legale rappresentante del Consorzio di Cooperative Sociali “Sisifo” che per un anno e mezzo (dal settembre 2008 al maggio 2010) ha gestito il Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Sant’Angelo di Brolo, comune della fascia tirrenica della provincia di Messina. Per Galipò, uno dei maggiori operatori nell’ambito dell’accoglienza migranti in Italia, è stato chiesto il rinvio a giudizio (l’udienza preliminare è fissata per il prossimo 19 ottobre). La Procuratrice Rosa Raffa è perentoria: “il rappresentante del consorzio – si legge nel dispositivo – si è procurato, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso” un illecito profitto. Secondo la Procura, Galipò si sarebbe appropriato “di 40 euro oltre Iva al giorno per ciascun cittadino comunitario, con pari danno della Prefettura di Messina e del Ministero dell’Interno”. Il sistema era semplice, bastava “non attivare immediatamente la procedura di dismissione dei rifugiati dal centro di accoglienza dopo il pronunciamento della commissione territoriale di Trapani e, comunque dopo il rilascio del permesso di soggiorno”.

Secondo i titolari dell’inchiesta, l’“illegittima permanenza al centro” di 248 richiedenti asilo provenienti da Africa, Medio oriente e sud-est asiatico sarebbe stata complessivamente di 11.707 giorni e, conti alla mano, avrebbe comportato l’“ingiusto” esborso di 468.280 euro (+ IVA) a favore del consorzio. Per alcuni dei rifugiati si sono toccati tempi record: 33 tra uomini e donne, sono stati trattenuti nel Cara di Sant’Angelo di Brolo per più di 100 giorni dalla concessione del permesso di soggiorno, con i casi estremi di Mahamuud A. (309 giorni), Semere A. (288), Abdullah A.M. (231).

Negli atti d’indagine, le generalità degli “ospiti” sono incomplete e alcuni dei nomi trascritti in maniera errata. Nessuno di essi è stato di conseguenza individuato come parte offesa dagli inquirenti e non potrà costituirsi in sede di giudizio. Galipò intanto giustifica l’operato dell’ente gestore del Cara con l’assunto che “i profughi hanno semplicemente aspettato di essere trasferiti da un centro a un altro”. L’operatore gode della incondizionata solidarietà dei dirigenti di LegacoopSicilia e LegacoopSociali che in una nota hanno espresso “piena fiducia” nella magistratura che “certamente farà chiarezza confermando la correttezza della gestione del Centro da parte del Consorzio, in ogni ambito improntata a criteri di trasparenza, correttezza e professionalità, in special modo nell’assistenza agli immigrati che ha visto Cono Galipò agire con profondo amore e passione praticando i valori della solidarietà…”. A fianco dell’imputato (ex sindacalista Cgil) pure la Cisl siciliana convinta che il Cara di Sant’Angelo ha offerto “servizi eccellenti sia in termini efficienza sia in termini di qualità, registrando pure una integrazione sociale tra la popolazione residente e gli ospiti”.

In verità, dopo la decisione del ministro degli interni (settembre 2008) di utilizzare il piccolo centro “temporaneamente e comunque non oltre il 31 dicembre c.a.” per accogliere “per brevi periodi, cittadini stranieri provenienti dai centri di prima accoglienza, quindi già identificati e in attesa di essere regolarizzati”, una parte della popolazione aveva inscenato dure proteste anti-migranti, alimentate da amministratori e politici locali. Poi, con le assunzioni di alcuni residenti, il malumore si dileguò e il centro fu tenuto in vita dalla Prefettura di Messina a suon di proroghe sino al maggio 2010.

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La convenzione attribuiva al Consorzio “Sisifo” la gestione di “tutti gli interventi relativi all’accoglienza di n. 100 stranieri e più precisamente l’assistenza generica e sanitaria, la fornitura di pasti, posto letto completo di cambio biancheria, prodotti per l’igiene personale, vestiario, generi di conforto e servizi di pulizia”. Interventi che non sempre hanno lasciato soddisfatti gli ospiti della struttura. “Alcuni dei rifugiati si sono lamentati perché in qualche occasione non gli sono stati garantiti i kit giornalieri di tovaglie, sapone e sigarette”, racconta la sociologa delle migrazioni Tania Poguish. “Ancora più grave l’inidoneità della struttura che ha ospitato il Cara, un edificio di proprietà del ministero della Giustizia costruito per essere adibito a pretura. Il centro aveva la caratteristica di un luogo chiuso, inaccessibile. All’ingresso c’era un cancello blindato e l’area era vigilata da poliziotti. Gli ospiti, tra cui molte donne e bambini, potevano uscire solo in alcuni orari”. Ancora un non-luogo dove rendere invisibili rifugiati e migranti, ennesima occasione mancata per affermare i principi di solidarietà e il diritto all’accoglienza. Dopo la chiusura, il centro di Sant’Angelo di Brolo è stato convertito in residenza sanitaria assistenziale per anziani non autosufficienti e disabili e la gestione affidata alla cooperativa “Servizi sociali” di San Piero Patti, il cui rappresentante legale, manco a dirlo, è Cono Galipò, mentre direttore generale è il figlio Carmelo, consigliere comunale di minoranza a Capo d’Orlando.

Cono è operatore instancabile e dalle molteplici passioni olitiche. Ex iscritto Pci, consigliere comunale con il Psi e da indipendente con Forza Italia, poi Margherita e oggi Pd (area vicina al deputato Francantonio Genovese, ex sindaco di Messina), Galipò è attivo a Capo d’Orlando nel settore turistico-alberghiero ed è presidente dell’Associazione siciliana Leucemia Onlus e di T Sanità, società Legacoop attiva a livello nazionale nel settore dell’assistenza sanitaria. L’incarico che più conta è però quello di vicepresidente del Consorzio “Sisifo”, costituito da 25 cooperative sociali con sedi in mezza Sicilia in grado di coprire il più ampio ventaglio di interventi sanitari e socio-assistenziali a favore di diversamente abili, anziani e malati terminali e di gestire alloggi per minori, asili nido, comunità terapeutiche e centri di accoglienza per immigrati.

È grazie a “Sisifo” che Cono Galipò è stato nominato amministratore delegato di Lampedusa Accoglienza, la società a responsabilità limitata costituita insieme a BlueCoop (Consorzio Nazionale Servizi di Bologna) che dal giugno 2007 gestisce il Centro di soccorso e prima accoglienza (CSPA) di Lampedusa. Oltre 44.000 ospiti nei primi due anni e mezzo di funzionamento a cui si aggiungono le decine di migliaia di transiti del primo semestre 2011. Omologato per ospitare 804 persone (ma ne sono state stipate sino a 2.000), Lampedusa genera introiti alla Srl per oltre due milioni e mezzo di euro l’anno. Per ogni migrante assistito, lo Stato versa giornalmente 33,42 euro, 16 euro in meno della gestione precedente. Lampedusa Accoglienza sbaragliò gli avversari con un ribasso di oltre il 30% che fece sollevare più di un’obiezione. “Gestiamo tutto attraverso grandi centri d’acquisto che ci permettono economie di scala”, ribatte Galipò. “Le carte telefoniche, ad esempio, le compriamo direttamente da Tim, hanno 5 euro di valore in telefonate, ma a noi costano meno. Usiamo poi contratti d’inserimento lavorativo e altre forme che permettono sgravi contributivi”. Più risparmi e più precarietà delle figure professionali occupate.

“Lo status del centro di Lampedusa è sempre meno definito”, commenta il giurista Fulvio Vassallo Paleologo dell’Università degli studi di Palermo. “Era un centro di prima accoglienza e dopo la breve parentesi nel febbraio del 2009, come Cie (centro d’identificazione ed espulsione) è stato di nuovo trasformato di fatto, dal 2 maggio 2011, in un centro di detenzione, con il trattenimento amministrativo di oltre 200 immigrati tunisini che attendevano che fossero espletate le procedure per il loro rimpatrio. Oggi si isolano le persone in strutture chiuse a tempo indeterminato, limitandone di fatto la libertà personale per settimane, solo per effetto di misure di polizia”.

Invivibilità, sospensione del diritto, sovraffollamento, sensazione diffusa di incertezza ed è così che esplodono nei centri “d’accoglienza” proteste, tensioni, autolesionismi. La memoria va a quanto accaduto il 21 febbraio nel centro di Lampedusa dopo un violento diverbio tra gli ospiti esasperati dalle lunghe file per i pasti. O al CSPA di Cagliari Elmas, quando  l’11 ottobre 2010 un centinaio di immigrati occuparono gli alloggi ricavati all’interno dell’area militare dello scalo aeroportuale mentre una decina di persone riuscivano a fuggire raggiungendo la pista poi chiusa al traffico aereo. La rivolta, tentativo estremo di impedire il trasferimento di alcuni immigrati in un altro centro italiano, fu brutalmente repressa dalle forze dell’ordine con cariche e lanci di lacrimogeni. “Elmas è peggio di una prigione, con sbarre, ringhiere alte 3 metri, telecamere di sorveglianza; dispone di spazi irrisori e anche l’ora d’aria, concessa ai detenuti nelle galere normali, qui è quasi impraticabile”, denuncia il coordinatore di Libera Sardegna, Giampiero Farru. Dall’agosto 2010 la gestione del centro semidetentivo cagliaritano è passata proprio al Consorzio “Sisifo” che ha pure tentato, con poca fortuna, di accaparrarsi il controllo dei famigerati Cie di Torino e Ponte Galeria (Roma), dell’ibrido Cie-Cara di Gradisca d’Isonzo e del centro di prima accoglienza di Borgo Mezzanone (Foggia).

Miglior sorte per le coop siciliane a Castroreale (Messina), dove nel febbraio 2011 è stato approvato un progetto triennale per ospitare all’interno della ex caserma dei carabinieri un paio di famiglie di profughi. Finanziato con 714.471 euro dal ministero dell’interno e 179.361 euro dal Comune, il centro affidato a “Sisifo” ha una disponibilità di 15 posti letto. Mini ospitalità dai costi maxi: Castroreale comporta infatti una spesa pro capite di 55,2 euro al giorno, 22 in più di Lampedusa e 15 del Cara di Sant’Angelo di Brolo finito sotto indagine. L’emergenza migranti, insomma, sembra sempre più un affare per chi lavora nel “sociale”.

 Articolo pubblicato in Left Avvenimenti, n. 29 del 22 luglio 2011  arcoris

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