12 magg – Negli Stati Uniti il presidente Obama, durante il suo discorso sullo stato dell’Unione pronunciato l’11 marzo scorso, ha annunciato ufficialmente l’inizio delle trattative per la formazione di un grande mercato transatlantico. Il commissario europeo per il commercio, Karel De Gucht, ha dichiarato che il beneficio previsto per l’Unione Europea è valutato in 100 miliardi di euro ogni anno.
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L’accordo prevede l’eliminazione delle barriere al commercio: le barriere doganali, le cosiddette “barriere tecniche” e le barriere non tariffarie che riguardano beni, servizi, guadagni e investimenti, oltre che la liberalizzazione dei mercati pubblici e della materia dei diritti di proprietà intellettuale.
Presentato come piano di rilancio dell’economia che permetterebbe di uscire dalla crisi attuale, il progetto, in fase di preparazione da 15 anni è piuttosto il risultato di una scelta strategica degli Stati Uniti: il passaggio da un mercato mondiale non più vantaggioso – basato su un sistema di scambi multilaterali – ad un’organizzazione bilaterale USA-UE.
A testimonianza di ciò basti pensare al blocco dei negoziati dell’OMC nel round di Doha da parte dei rappresentanti americani, e alla scelta degli USA a favore di negoziazioni bilaterali; l’accelerazione data dagli Stati Uniti alla chiusura delle negoziazioni ha permesso di concludere accordi regionali al di fuori dell’osservatorio dell’OMC.
Nel mercato unico al quale l’UE vuole dare il via, il 60% degli scambi commerciali potrà avvenire sulla base di negoziazioni bilaterali, al posto degli attuali accordi multilaterali. In questa zona “franca” lasciata libera dall’UE, i prodotti statunitensi avrebbero, di fatto, un vantaggio competitivo sul mercato mondiale,
La liberalizzazione totale degli scambi avrà effetti diversi sui due mercati: se negli stati Uniti si registrano i segni di una, se pur debole, ripresa della crescita industriale, l’Europa è appena agli inizi di una fase di calo della produzione che ci si ostina a chiamare “crisi della moneta unica”
L’apertura del mercato statunitense potrà giovare solo alla Germania, e da qui il ruolo centrale di Berlino per il raggiungimento dell’accordo.
La contrazione della domanda dei paesi dell’UE verrebbe controbilanciata dai nuovi sbocchi che si aprirebbero nel mercato USA: lo spazio europeo, costruito dagli Usa attorno alla Germania, viene consegnato da Berlino nelle mani degli USA, e si può ben comprendere il ruolo di perno della Germania nella trasformazione della zona Euro da Unione Monetaria a libero mercato degli Stati Uniti.
Il rifiuto di ristrutturare il debito della Grecia e le posizioni di punta contro la “frode fiscale” hanno favorito lo spostamento di grandi capitali nella zona del dollaro americano e rafforzato la posizione centrale del biglietto verde.
Il processo che conduce all’apertura del grande mercato transatlantico va oltre la liberalizzazione degli scambi: il perno di questa costruzione politica è il nuovo ruolo di egemonia degli Stati Uniti nei confronti dei paesi della zona dell’euro: le parti si sono, infatti, impegnate a creare, entro il 2014, una “zona di cooperazione” in materia di libertà, sicurezza e giustizia”. La zona di libero scambio è in realtà una zona di libero controllo degli U.S.A. sul continente Europeo, già dall’inizio delle negoziazioni.
Il processo che conduce all’instaurazione di questo grande mercato unificato è l’opposto del metodo comunitario. Se il mercato comune europeo è nato, come struttura economica basata sulla liberalizzazione degli scambi, il grande mercato transatlantico realizza un’unione politica; una risoluzione del Parlamento europeo del 25 aprile 2007 anticipa già la creazione di un’assemblea transatlantica.
Nelle profonde divergenze tra Europa e gli Usa, in materia di protezione dei dati personali sarà, di fatto, il diritto americano ad imporsi e le procedure europee dovranno adeguarsi. L’affare Swift è emblematico: nonostante la flagrante violazione del diritto comunitario sulla tutela dei dati finanziari, la condivisione di questi non è mai stata messa in discussione. Al contrario, l’UE e gli USA hanno firmato accordi per legittimarla.
Il Parlamento europeo ha infine approvato, nel luglio del 2010, un sistema permanente che permette alle autorità americane di accedere ai dati finanziari dei cittadini dell’Unione. Tuttavia, l’accordo non prevede l’accesso delle autorità europee alle transazioni bancarie e traduce in questo modo l’asimmetria esistente tra i due “partner”. (1)
Nodo centrale del grande mercato transatlantico è il trasferimento del trattamento dei dati personali al settore privato. Si tratta di eliminare ogni ostacolo legale alla diffusione delle informazioni per garantire costi più bassi possibili: soprattutto è necessario garantire la redditività in un mercato dominato dagli Stati Uniti: basti pensare a Google, Facebook, Apple ed Amazon.
La ridefinizione della normativa europea sulla tutela della privacy è un passo verso la trasformazione della disciplina del trattamento dei dati personali in un’ottica puramente aziendale.
Allo stesso modo, la sovranità esercitata dalle autorità statunitensi sugli stati membri dell’UE gettale basi di nuovi rapporti di proprietà e di scambio e sancisce la fine del diritto sulla propria persona. La materia viene smembrata : l’usufrutto appartiene all’individuo, gli attributi della personalità, i dati personali, appartengono al potere pubblico, e alle aziende multinazionali.
N.d.T.
(1) Nella fattispecie tale accordo non garantisce ai cittadini e alle imprese europei gli stessi diritti e garanzie a titolo del diritto statunitense.
Fonte: lalibre.be — tlaxcala-int.or