Giuseppe Sacco
Batman & Joker-Volti e maschere dell’America
Casa editrice Sankara
Batman non è solo l’eroe di fantastici film d’azione. è anche una metafora dell’America, ed i suoi film offrono continui spunti di riflessione sul ruolo e sul destino degli Stati Uniti.
A partire dal 1989, sette film di grandissimo successo lo hanno mostrato impegnato a lottare contro l’alleanza tra la malavita e la politica, contro il tentativo di controllare l’informazione e le menti, contro una cupa setta orientale, contro il terrorismo nihilista, contro coloro che vorrebbero distruggere il sistema capitalista. E questo succedersi di minacce diverse traccia un affascinante quadro di come, dopo la fine del comunismo, sia cambiata nella Repubblica stellata la percezione del nemico.
Ma come fa quest’uomo del tutto normale, che non ha nessun super-potere, che non usa armi e che è persino contrario alla pena di morte, a dominare il male e a salvare la società, dove e quando nessun altro vi riesce? Può farlo, in primo luogo, perché dispone -così come l’America- di grandi risorse economiche e della superiorità tecnologica. Può farlo inoltre perché non si affida solo alla forza, ma è costantemente alla ricerca della legittimità: distingue sempre tra giustizia e vendetta, combatte la corruzione, ma si fa da parte dinnanzi ai magistrati onesti e democraticamente eletti.
Traumatizzato da bambino dalliassassino dei genitori, egli attribuisce una grande importanza all’ordine pubblico, ma non dimentica le idee politiche progressiste trasmessegli dal padre, un liberal rooseveltiano. Non è perciò mai privo di dubbi, anzi si interroga senza sosta su temi come eguaglianza e libertà, interesse collettivo e diritti individuali, potere e rispetto della privacy, individualismo e fraternità.
INTERVISTA A GIUSEPPE SACCO, SABATO 23 MARZO 2013 (a cura di Luca Balduzzi)
In che maniera un personaggio come Batman può essere visto, dai non-Americani, come una metafora degli USA?
Nelle sue avventure Batman interviene per combattere i nemici della società contemporanea. Ed infatti, nella società di Gotham City è facile riconoscere le caratteristiche di tutte o quasi le grandi città del mondo occidentale, capitalista e più o meno democratico. Che sono poi caratteristiche, se non condivise, almeno imitate, da tutte le immense aree urbane e suburbane in cui si accalca ormai più della metà della popolazione del pianeta. Ed infatti, pur prendendo nei primi due film come evidente riferimento e modello New York -poeticamente e cupamente reinterpretata da Tim Burton, al fine di accentuarne gli aspetti di spiritualità e di mistero- Gotham City se ne allontana progressivamente nel corso dei film successivi della serie, ed assume i caratteri delle città in cui i film sono girati, città “qualunque” irte di grattacieli “qualunque”, come Chicago, Cleveland e Hong Kong.
Al di fuori di alcune piccole eccezioni, oltre i confini di Gotham City sembra non esserci nulla. E al di sopra delle principali autorità cittadine, quali il Sindaco e il Procuratore distrettuale. non ne compaiono altre. Tranne che nell’ultimo film, che presenta parecchi aspetti anomali, non viene nominato né mostrato altro. Alla stessa maniera della società contemporanea, anche Gotham City non funziona, vi dominano gli interessi particolari, e il mondo politico è corrotto e in contiguità, se non addirittura in continuità, con quello della criminalità. E quando c’è qualche cosa che minaccia la città e Batman decide di intervenire, viene immediatamente da pensare al ruolo che gli Stati Uniti d’America si sono da sempre riservati nel mondo.
Batman non possiede alcun superpotere, può contare esclusivamente su una grande disponibilità di denaro e sulla superiorità tecnologica, che sono anche le due “armi” principali su cui l’America basa la propria potenza. Ed è tipica degli Stati Uniti anche la convinzione protestante che la maggiore ricchezza di una persona o di uno Stato sia il segno di una superiore eticità/moralità, e che questa sia sufficiente per giustificare un loro intervento, anche lontano della propria giurisdizione.
Cambiando, con il passare degli anni, le minacce che gli Stati Uniti d’America sentono di dovere affrontare, in che modo cambia Batman?
Pur avendo quasi ottanta anni, perché il personaggio è stato creato alla fine degli Anni Trenta, Batman riesce a rimanere contemporaneo perché si trova ad affrontare minacce che sono sempre attuali.
Nel primo film, il Batman di Tim Burton del 1989, l’atmosfera assomiglia a quella dei gangster-movie. Il Joker di Jack Nicholson, però, ha una caratteristica molto diversa da un criminale “tradizionale” come il suo ex boss Carl Grissom: il sogno di vedere la propria faccia stampata sulle banconote da un dollaro non è altro che il desiderio di sovvertire l’ordine costituito per costruirne uno proprio. E’ dunque esponente di una malavita che si pone l’obiettivo dell’ottenimento del potere politico. Al punto da impedire a Gotham City di celebrare i festeggiamenti in programma per il duecentesimo anniversario della fondazione della città (due anni prima dell’uscita del film gli Stati Uniti hanno festeggiato i 200 anni della loro Costituzione), e di volerli sostituire con una propria personale sfilata trionfale. Per un’America che ha appena accantonato la minaccia del comunismo proveniente dall’Unione sovietica e dall’Europa dell’est, il primo pericolo che Batman deve combattere proviene quindi dall’interno alla società.
Nel film successivo, Batman-Il ritorno del 1992, il Pinguino di Danny De Vito ricatta un magnate dell’industria Max Shreck fino a farsi candidare come nuovo Sindaco di Gotham City. Batman interviene per ripristinare il primato della legge e dell’ordine sul diritto naturale, caratteristico dell’ordinamento giuridico dei paesi anglosassoni. E ad un anno di distanza dalla conclusione della Prima Guerra del Golfo, la marcia dei pinguini armati con i lanciarazzi telecomandati mandati a distruggere Gotham City fa tornare alla mente le milizie di Saddam Hussein.
Nel corso degli otto anni della presidenza di Bill Clinton gli Stati Uniti non combattono alcuna guerra, e le minacce diventano prima l’invasività delle nuove tecnologie della comunicazione (l’Enigmista di Jim Carrey nel film Batman Forever di Joel Schumacher del 1995), poi la natura che si rivolta contro l’uomo (la Poison Ivy di Uma Thurman in Batman & Robin, 1997) e la scienza che sfugge di mano ai ricercatori (il Mr. Freeze di Arnold Schwarzenegger nello stesso film). Il primo caso ci fa pensare alla “videocrazia” di Rupert Murdoch, l’ultimo a Theodore Kaczynski, alias Unabomber, lo scienziato che, convinto il progresso tecnologico avrebbe distrutto il mondo, inviò una ventina di pacchi esplosivi a quei colleghi che considerava autori di teorie e di scoperte pericolose.
Negli anni della presidenza successiva, però, c’è una minaccia, quella del terrorismo, che per gli Stati Uniti d’America si trasforma in realtà, e in una maniera forse mai neanche immaginata dallo stesso cinema…
E’ dopo l’attentato terroristico alle Torri Gemelle di New York dell’11 settembre del 2001, infatti, che la serie dei film di Batman comincia ad aprirsi parzialmente al mondo esterno.
Nel film Batman Begins di Christopher Nolan del 2005, il pericolo proviene dalla Setta delle Ombre (il Ra’s al Ghul di Liam Neeson), a cui però non viene attribuita alcuna caratterizzazione islamista, per non alimentare il sentimento anti-islamico emerso in quegli anni. E l’utilizzo della paura come strumento di governo, non può non ricordare la politica portata avanti da George W. Bush e dalla sua Amministrazione.
E dopo la minaccia dell’anarchia (il Joker di Heath Ledger nel film Il cavaliere oscuro del 2008), si arriva ai giorni nostri con la crisi economica e finanziaria e la rivolta dei poveri contro i ricchi (il Bane di Tom Hardy ne Il cavaliere oscuro-Il ritorno, 2012) e in definitiva alla lotta di classe. Nel film ci sono riferimenti assai espliciti al movimento di contestazione Occupy Wall Street. E non manca la critica, anch’essa di grande attualità, al mondo della finanza, tanto che lo stesso Bruce Wayne diventa vittima di una truffa che gli fa perdere il controllo della Wayne Enterprises e la sua intera ricchezza.
Il fatto che dietro alla maschera di Batman si nasconda un uomo come tutti gli altri, che non possiede alcun superpotere, contribuisce ad una sua maggiore identificazione con gli Stati Uniti d’Amerca?
Sicuramente. Gli altri supereroi sono poco credibili come metafore dell’America, perché sono semidei o possiedono superpoteri, e proteggono l’America da minacce spesso inverosimili (i meteoriti di Superman, per esempio). Batman rispecchia in pieno l’ideale del “Common Man” che si afferma con la Seconda Guerra mondiale, dove ai soldati americani non veniva mostrato il modello del superuomo -come facevano i Tedeschi- ma quello del pacifico cittadino che però in circostanze eccezionali, può compiere imprese straordinarie. Anche il Presidente Harry Truman vinse contro ogni pronostico presentandosi come un uomo comune, con il quale qualsiasi americano si poteva identificare. E per molti anni, il mensile Reader’s Digest ha avuto una rubrica dal titolo ”Nessuno sa ciò di cui è capace”, in cui venivano raccontati eventi straordinari che avevano avuto come protagonisti degli uomini assolutamente normali.
In alcune situazioni, però, il “conservatore” Batman non la pensa né si comporta come il “reale” e “liberale” Bruce Wayne…
Però è Batman ad essere il vero personaggio, e Bruce Wayne una maschera, dietro a cui Batman si nasconde per rimanere un eroe anonimo e non fare capire a nessuno chi sia. E’ solamente nelle scene conclusive de Il cavaliere oscuro-Il ritorno che il Commissario Gordon di Gary Oldman capisce che Batman potrebbe essere Bruce Wayne.
Come si spiega che anche alcuni cattivi abbiano avuto altrettanto se non maggiore successo di Batman? E il Joker di Ledger ha avuto addirittura un “imitatore” che ha compiuto una strage alla prima del film ad Aurora…
James Holmes si è identificato con Joker, come molti giovani americani. Solo che è andato alle estreme conseguenze. Ma è un fatto che c’è un’intera generazione, cresciuta negli anni di Bush, che non tollera più il clima di guerra permanente e le crescenti diseguaglianze sociali della società in cui vive. E non avendo alcun modo di dar voce alla propria ragionevole insoddisfazione si innamora -perché questo è il tipo di irrazionale sentimento che prova- di un ribelle senza speranza come Joker.
Questo personaggio, come lo presenta Nolan, è infatti differente da come ce lo aveva fatto conoscere Tim Burton: un delinquente violento e aggressivo sin dall’origine, che l’orrenda menomazione al volto aveva in una certa misura umanizzato, trasformandolo in un disgraziato che cercava di esorcizzare la propria disgrazia col sarcasmo. Nell’incarnazione che ne da Heath Ledger ne Il cavaliere oscuro, cioè nell’incarnazione che lo ha reso immensamente popolare, prima del mostro c’era un bambino traumatizzato come Bruce Wayne, e mille volte più gravemente di Bruce Wayne. Oppure, in una spiegazione alternativa c’è un uomo dall’estrema dolcezza ed amore, e proprio per questo è stato così gravemente umiliato e ferito da reagire come spesso accade alle persone delicate e sensibili, cioè “esplodendo” dopo avere subito troppe volte, e passando alla violenza in maniera sproporzionata.
E che è diventato, politicamente, un anarchico dopo aver visto frustrata ogni sua speranza che nel mondo fosse possibile realizzare un minimo di giustizia e di equità. Egli lo dice del resto chiaramente: «Io sono un agente del caos… e sai quale è il bello del caos? Beh, il caos è equo». Ce n’è abbastanza per affascinare in maniera estremamente pericolosa milioni di ragazzi ai quali una società che ripete a tutta forza la retorica della democrazia e del “sogno americano”, finisce poi per non offrire nulla, né benessere, né eguaglianza, né un vero senso della vita.