Da La Gazzetta di Caserta
Una polemica dura che rischia di tare a pezzi la fantomatica verginità o quella supposta tale ascritta al Pd. I vertici regionali del partito non hanno informato Roma che la capolista Capacchione è sotto processo a Santa Maria Capua Vetere. Fatti gravi, offese al sottufficiale della Guardia di Finanza Papale che grazie alle sue indagini fece arrestare il fratello della Capacchione, protagonista della più grave bancarotta della Campania, lo scandalo della ricostruzione di Ponticelli. Il fratello della Capacchione finì in carcere, lei si scagliò contro Papale.
Fatti che fanno a pezzi con quello che dice il Pd in tema di moralità`. Una lezione a Bersani, il maestrino delle liste pulite, che incassa un autogol di tutto rispetto. La sentenza sulla capolista Capacchione è prevista stamattina nelle aule del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione discattata di Caserta, dove la politica del Pd è alla sbarra. La difesa di Rosaria Capacchione ha già preannunciato un`istanza di rinvio per improcastinabili impegni. Se l`udienza salta, la sentenza arriverà dopo le elezioni politiche di febbraio.
La Capacchione potrebbe così salvare la sua candidatura al senato nelle file del Pd. La Capacchione viene presentata così come un’esponente del gentil sesso, sotto scorta dall`inizio del 2008 in seguito alle velate minacce ricevute dai boss durante il processo Spartacus, di quella società civile impegnata nel fronte del contrasto alle mafie, ma tante le ombre che emergono dalla sua storia familiare sulla sua fama di wonder woman della legalità.
Le indagini condotte riguardano in realtà il fratello di Rosaría, il costruttore
Salvatore Capacchione. Ma proprio da una costola di quella inchiesta nasce un’altra, velenosa vicenda giudiziaria che investe in pieno la cronista, al punto da portarla oggi sul banco degli imputati a Caserta, sezione staccata della Procura di Santa Maria Capua Vetere.
Il 31 ottobre scorso si è infatti tenuta la terza udienza nel processo per calunnia ai danni di un luogotenente della Guardia di Finanza, Luigi Papale, che ricostruì quello che viene definito il “sistema Capacchione“. In una delle numerose conversazioni telefoniche tra i due fratelli – l`imprenditore, che era intercettato, e la cronista – si sente quest`ultima dichiarare che se queî finanziere non la smette, «lo andiamo a uccidere col mitra…».
O che certi esponenti della Guardia di Finanza «sono peggio di Sandokan». L`accusa di calunnia, però, trova il suo fondamento nel rapporto del maggiore Vittorio Capriello, ex comandante delle Fiamme gialle a Caserta dal quale Rosaría Capacchione si era recata per dirgli di non prestare ascolto alle ricostruzioni di Luigi Papale, costituitosi parte civile nell`odierno processo, sul conto suo e del fratello, in quanto quel militare sarebbe stato “pagato”, per costruire false accuse, dalla famiglia Coppola di Pinetamare (rivale di Capacchione per l`acquisto di suoli e capannoni nell`ex area Saint Gobain di Caserta). Capriello redige un rigoroso verbale sull`incontro con la giornalista.
Nel prosieguo delle indagini (con accertamenti patrimoniali che investono tutta la famiglia, compresa una zia novantenne) emergerà che il finanziere Luigi Papale non ha avuto alcun rapporto con i Coppola e si confermerà, anzi, quanto dichiarato dal militare: anni addietro aveva condotto a loro carico un’inchiesta sfociata in un procedimento penale per concorso in bancarotta fraudolenta. Ma la circostanza su cui oggi si appuntano le attenzioni degli investigatori, fra quelle emerse nel processo per calunnia a carico di Rosaría Capacchione, riguarda quegli oltre 5 miliardi di vecchie lire transitati sui conti correnti della giornalista dal `95 al 2001.
Inchiesta che venne pubblicata dalla giornalista Maria Giovanna Pellegrino della Gazzetta di Caserta, contro la quale si scagliò l’ira della Capacchione, che strumentalizzò colleghi di Repubblica che la accusarono di falsi scoop. Scoop che poi si sono rivelati veri e culminati con l`arresto del fratello della Capacchione. Le movimentazioni, tutte passate al setaccio dai finanzieri, riguardano in primo luogo il conto intestato alla cronista del Mattino presso l`agenzia Banca di Roma a Frasso Telesino, ridente paese ai confini fra le province di Caserta e Benevento.
alfano capacchionealfano capacchione
Direttore dell`agenzia di Frasso era all`epoca un buon amico dei Capacchione, Enzo Vecchione. Intimo fino al punto di far da prestanome – ipotizzano gli investigatori – a Salvatore Capacchione in numerose sigle finite sotto i raggi X. Vecchione, dopo il prudenziale trasferimento a Casería, lascerà poi definitivamente la banca. Altri conti intestati a Rosana sono risultati poi aperti in quel periodo presso la Banca Popolare di Castrovillari e Corigliano Calabro, l`Ambroveneto di Napoli e presso la Bnl di Caserta.
Grosse somme che entravano e uscivano continuamente, movimenti consistenti con personaggi non sempre adamantini dal punto di vista della fedina penale. E` il caso, per esempio, di Ciro Benenati, rimasto coinvolto in una serie di vicende giudiziarie a Marcianise, feudo del clan Belforte affiliato ai Casalesi. Titolare di una concessionaria per auto di grossa cilindrata in zona, a San Nicola la Strada, Benenanti è destinatario di un assegno da 250 milioni di euro tratto dal conto di Rosaría Capacchione.
Un esempio fra i tanti casi di una movimentazione che, nel suo complesso, viene considerata dagli investigatori riconducibile essenzialmente allo stesso Salvatore, cui del resto risultavano girati gli assegni in uscita dal conto della sorella. Per tutte le vicende che li vedono sotto accusa in tribunale (quelle in cui si trova coinvolto Salvatore, ma anche il processo per calunnia che riguarda Rosaría), i Capacchione possono contare su un difensore di fama come il penalista Vittorio Giaquinto. Celebre per aver assunto la difesa
di boss come il capo degli “scissionisti” di Secondigliano Paolo Di Lauro e di Salvatore Belforte, alla guida dell`omonimo, potente clan di Marcianise, Giaquinto assiste tanto Rosaría quanto suo fratello Salvatore.