Secondo Ambrose Evans Pritchard del Telegraph il downgrade dell’Italia riflette la trappola delle poltiche di austerità che peggiorano l’economia e i conti pubblici, ma l’Italia sarebbe il paese che avrebbe il maggior vantaggio ad uscire dall’euro.
19 luglio – Ridotto all’osso, il downgrade di Moody’s dell’Italia di due tacche, a un livello vicino a junk, è un atto d’accusa contro l’intera politica di shock-therapy e di contrazione dell’eurozona (Moody’s contro l’Italia: rating vicino a spazzatura).
Le prospettive economiche a breve termine dell’Italia si sono deteriorate, come risulta sia dalla crescita più debole che dalla maggiore disoccupazione, che comportano il rischio di non riuscire a raggiungere gli obiettivi di consolidamento fiscale. Il mancato rispetto degli obiettivi di bilancio a sua volta potrebbe indebolire ulteriormente la fiducia dei mercati, aumentando il rischio di una brusca frenata dei finanziamenti sul mercato.
Etc, etc
Se Fitch segue l’esempio, il downgrade provocherà un’ondata di vendite da parte dei fondi Asiatici e degli altri fondi sottoposti a severi limiti sul tipo di debito che possono detenere. Questi investitori hanno smesso di comprare debito Italiano mesi fa, naturalmente. Ma non l’hanno neanche venduto. Lo faranno
Moody’s fondamentalmente sta dicendo che la drastica austerità imposta all’Italia dalla BCE dopo il suo ultimo Putsch di fine estate (acquisti di obbligazioni a intermittenza per forzare l’uscita dal governo di Silvio Berlusconi) è essa stessa la causa della profonda crisi.
Il mix delle politiche di contrazione è stato disastroso. La BCE lo scorso anno ha permesso – o meglio ha causato – il crollo in Italia della massa monetaria M1 ed M3 a livelli da Grande Depressione, con una politica monetaria restrittiva nel bel mezzo della crisi. Questo è stato uno dei peggiori episodi di errore nella politica monetaria dell’ultimo mezzo secolo.
Il risultato di questa stretta monetaria e fiscale combinata è stata una doppia recessione, del tutto evitabile e molto dannosa. La Confindustria Italiana ha avvertito che solo quest’anno l’economia si contrarrà del 2.4% e forse anche molto di più, e ha aggiunto che l’austerità sta riducendo il paese in “macerie” dal punto di vista sociale.
Questa medicina stile anni ’30 è la ragione principale per cui la traiettoria del debito Italiano, una volta stabile, è improvvisamente peggiorata, con il debito pubblico galoppante al 126% del PIL quest’anno, secondo il FMI.
Moody sembra reagire agli obiettivi di “consolidamento fiscale” imposti al paese da Berlino, Francoforte e Bruxelles.
L’Italia non dovrebbe farlo. Queste richieste sono velenose. L’Italia ha già un avanzo primario di bilancio, che quest’anno aumenterà al 3.6% del Pil, e il prossimo anno al 4.9%.
Questo è di gran lunga il “miglior” profilo fiscale nel blocco del G7, ma è una vittoria di Pirro. Gli effetti recessivi stanno annullando i guadagni. Il debito sta accelerando. La struttura industriale del paese viene dissanguata.
Il risultato politico è la spettacolare ascesa di Beppe Grillo, il flagello dell’euro e ora padrone di Parma. Berlusconi può già annusare l’occasione di lanciare una rimonta su un programma anti-Merkel, anti-Tedesco, anti-BCE, e anti-Europa.
L’uscita dall’Euro
“Non è una bestemmia parlare di uscita dall’euro”, dice, chiedendo un ritorno alla lira a meno che la BCE da parte sua non intervenga per una riduzione dei rendimenti obbligazionari Italiani.
L’uscita dall’Euro potrebbe “avere i suoi vantaggi” dice. “La svalutazione ci permetterebbe di esportare. Se andiamo avanti con le politiche della signora Merkel finiremo sempre peggio in una spirale recessiva.”
Personalmente,durante un viaggio a Roma tre settimane fa sono rimasto sbalordito dal livello di amarezza. Un alto funzionario – da lungo tempo sostenitore dell’UEM, uno dei suoi custodi – mi ha detto che l’euro era “praticamente morto”.
Oramai appena il 30% degli Italiani pensa che l’euro sia stata una “buona idea”. Hanno certamente delle buone ragioni per sentirsi danneggiati. L’Italia non è fondamentalmente un caso disperato. E’ stata trasformata in un caso disperato dai meccanismi perversi dello stesso euro.
Debito pubblico e privato combinati insieme arrivano al 260% del PIL, più o meno come la Germania e molto meno di Francia, Spagna, Paesi Bassi, Danimarca, Regno Unito, Stati Uniti o Giappone. Con una ricchezza privata di 8.600 miliardi di €, gli Italiani hanno una ricchezza pro-capite maggiore dei Tedeschi.
Guardando all’indicatore del Fondo Monetario Internazionale sulla sostenibilità del debito a lungo termine, l’Italia ha uno dei punteggi migliori, al 4,1, davanti a Germania 4,6, Francia 7,9, Regno Unito 13,3, Giappone 14,3, e Stati Uniti 17. E’ uno dei pochi paesi che ha sistemato lo squilibrio delle pensioni.
L’unico grosso problema che hanno gli Italiani è che sono nella valuta sbagliata.
Come tutti sappiamo ormai, dal lancio dell’UEM hanno perso circa il 30% di competitività nel costo del lavoro per unità di prodotto contro la Germania, a causa dell’effetto strisciante di una spirale inflazionistica e della scarsa crescita della produttività. Il danno è fatto. Non si può riportare indietro l’orologio .
Lo storico surplus commerciale dell’Italia verso la Germania si è trasformato in un grande deficit strutturale, bloccato in modo permanente per effetto dell’UEM.
Hanno poche speranze di recuperare il terreno perduto attraverso la deflazione dei salari e la “svalutazione interna”, dal momento che la dinamica del debito scombinerà tutto di nuovo, se non condurrà addirittura alla rivoluzione nelle strade.
David Woo di Bank of America ha appena elaborato uno studio di “teoria dei giochi” sull’eurozona, in cui sostiene che l’Italia, più di ogni altro paese (eccetto l’Irlanda), trarrebbe vantaggio dal liberarsi e ripristinare il controllo sovrano sui suoi strumenti di politica economica.
Questo dà all’Italia molto potere in una prova di forza con la Germania … anche se se Wolfgang Schauble capisce che la questione è un’altra .
L’avanzo primario del paese implica che esso può lasciare l’UEM a sua scelta in qualsiasi momento (a differenza di Grecia, Spagna o Portogallo), ed è grande abbastanza per farcela da solo. La sua posizione di investimenti sull’estero è solo leggermente negativa (a differenza della Spagna, che è in rosso per un ammontare del 92% del PIL).
Il tasso di risparmio Italiano molto elevato e il suo livello di ricchezza privata significano che qualsiasi shock del tasso di interesse potrebbe per lo più essere rigirato di nuovo all’economia come pagamenti più elevati per gli obbligazionisti Italiani. Gli effetti-macro potrebbero anche non esserci.
Né accetto il solito mantra che dopo l’uscita i tassi d’interesse Italiani salirebbero alle stelle. Sono già saliti in termini reali (anche se oggi sono più bassi in termini nominali che al tempo delle lire). In effetti, può essere argomentato in contrario che l’unico modo per l’Italia in questa fase di abbattere i costi finanziari reali è quello di lasciare immediatamente l’euro.
Ovviamente saranno gli Italiani a decidere del proprio destino.
In vacanza in Italia, ho letto l’eccellente resoconto di Arrigo Petacco della Seconda Guerra Mondiale dal punto di vista Italiano, La Nostra Guerra 1940-1945.
Il tema che più mi ha colpito è stato il numero delle sconfitte e dei disastri Italiani che sono stati il risultato di errori commessi dallo stesso alto comando Tedesco, soprattutto da Rommel.
I subs inglesi hanno affondato l’80% dei convogli di rifornimento Italiani in Nord Africa, perché gli Inglesi avevano penetrato i codici dell’Enigma Tedesco, e gli ufficiali Tedeschi inoltravano inutilmente tutti i dettagli dei convogli al proprio quartier generale. Ma Rommel diede tutta la colpa a Roma, dicendo, ingiustamente, che ci dovevano essere delle spie della marina Italiana.
La storia si ripete – questa volta in tempo di pace. L’Italia non ha più nulla da guadagnare ad ascoltare i distruttivi consigli Tedeschi o a persistere in questa soffocante disavventura.
Attendiamo una variante contemporanea del messaggio di Badoglio dell’8 settembre 1943.
Tutto ad un tratto, l’Italia ha compiuto l’impensabile. Gli Italiani che ascoltavano la radio alle 18.15 di quella sera scoprirono con loro grande sorpresa – e con grande sollievo – che non erano più impegnati ad andare avanti nella follia.
http://www.investireoggi.it/economia/due-passi-avanti-verso-la-crescita-la-liberazione-e-la-lira-italiana/
Articolo originale: Two steps closer to growth, liberazione, and the Italian lira