3 LUG – Mohammed Morsi, il neopresidente votato dal 51,73 per cento degli egiziani, ha una faccia rassicurante, studi da ingegnere perfezionati in California e due figli con la cittadinanza americana. Dietro l’aspetto mite, si cela un uomo capace di obbedienza ferrea ai Fratelli musulmani, per i quali ha affrontato più volte la prigione. Da presidente ha promesso di portare avanti la rivoluzione “fin quando gli obiettivi saranno raggiunti”. Morsi è la cresta di un’onda partita nel marzo del 2003, quando l’islamico conservatore Recep Tayyip Erdogan è diventato premier ad Ankara. Da allora l’avanzata politica dell’Islam ha fatto emergere potenze (come la stessa Turchia e l’Iran) prima relegate ai margini dello scacchiere geopolitico.
MALI
Dopo il colpo di stato militare di marzo, i ribelli tuareg del Movimento per la liberazione dell’Azawad (nord del paese) hanno unito le forze con gli islamisti di Ansar Dine conquistando Timbuctu, Gao e Kidal e proclamando l’indipendenza dell’Azawad. È stata imposta la sharia. Circa 300 mila persone sono fuggite a causa degli scontri.
NIGERIA
La setta islamica Boko Haram ha rivendicato i numerosi attentati contro le chiese cristiane del paese, che hanno provocato numerose vittime. Il loro intento ufficiale è l’applicazione della legge islamica, ma le ragioni degli attacchi sono soprattutto economiche e politiche.
TUNISIA
Il 14 gennaio 2011 il presidente tunisino Zine el-Abidine Ben Ali, al potere dal 1989, lascia il paese: è il primo risultato politico della «primavera araba». Al suo posto, a dicembre 2011 viene eletto Hamadi Jebali, leader del partito islamista Ennhada, messo fuori legge da Ben Ali. L’assemblea costituente lavora a una nuova costituzione. Intanto si moltiplicano le violenze degli integralisti salafiti.
LIBIA
Non è chiaro il risultato che il partito collegato ai Fratelli musulmani avrà alle elezioni del 7 luglio poiché in Libia l’organizzazione non è popolare come in Egitto e in Tunisia. Certo è che la vittoria di Mohammed Morsi al Cairo avvantaggerà anche l’omologo di Tripoli. Inoltre nel paese c’è tuttora un gran numero di jihadisti armati.
EGITTO
La proteste hanno costretto il presidente Hosni Mubarak a lasciare il potere, l’11 febbraio 2011. L’assemblea costituente, eletta in seguito, è stata da poco esautorata e la giunta militare continua a mantenere il controllo della transizione. La scorsa settimana è stato eletto un presidente sostenuto dai Fratelli musulmani, Mohammed Morsi. E il partito salafita al-Nour ha preso il 25 per cento dei voti alle ultime legislative.
SUDAN
Dopo la fine della guerra tra il nord islamico e il sud cristiano-animista, è nato il sud Sudan. Continuano, tuttavia, le tensioni su base religiosa, che mascherano il conflitto sulla spartizione delle risorse petrolifere.
GAZA
Nel gennaio 2006 la fazione islamista e terrorista palestinese Hamas vinse le elezioni nella Striscia di Gaza, sconfiggendo i moderati di Al Fatah. Israele ed Egitto hanno subito imposto un embargo, tuttora in vigore, sul territorio della Striscia. I ripetuti lanci di razzi contro Israele nell’autunno 2008 hanno provocato una massiccia offensiva militare israeliana, Piombo fuso, durata tre settimane.
IRAN-IRAQ
Nel giugno 2005 fu eletto presidente l’ultraconservatore Mahmoud Ahmadinejad, rieletto tra le proteste nel 2009. Con proclami spesso minacciosi, Ahmadinejad intende rafforzare l’Iran come potenza regionale. Il programma comprende la corsa all’atomica e sta dando frutti: l’influenza
economica e politica iraniana si rafforza in Siria, Afghanistan e sud dell’Iraq.
TURCHIA
Nel marzo 2003 il partito islamico moderato Akp vinse le politiche e Recep Tayyip Erdogan divenne nuovo premier della Turchia, primo leader islamico dai tempi di Kemal Atatürk, che aveva dato alla Turchia moderna un rigido assetto laico. Rieletto, Erdogan lo scorso luglio ha smantellato decenni di predominio dei militari, sostituendo in blocco lo stato maggiore delle forze armate, accusato di tramare contro il governo.
SOMALIA
Dopo la cacciata delle corti islamiche nel 2006, le milizie di al-Shabaab, affiliate ad Al Qaeda, hanno colpito con attentati e azioni di guerriglia il governo di Mogadisho e le truppe Onu. daghestan-ceceniainguscezia Guidati da figure come Doku Umarov, autoproclamatosi emiro del nord del Caucaso, gli islamisti hanno compiuto attentati feroci, come quelli alla metropolitana (29 marzo 2010) o all’aeroporto (24 gennaio 2011) di Mosca. In un sondaggio nel Daghestan, il 20 per cento ha detto di sentirsi “moderatamente salafita”.
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