29 mag – Secondo la Banca Mondiale il costo dei servizi idrici non dovrebbe superare il 5% del reddito familiare, il che vuol dire, facendo riferimento all’Italia dove uno stipendio medio annuo si aggira sui 19.250euro (dichiarazioni dei redditi del 2011), che l’acqua dovrebbe costare 962euro all’anno, pari a 160euro a bimestre, 2,6euro al giorno. Non sembra poco.
Il partito dell’aumento delle tariffe dell’acqua fa proseliti. E dopo le prese di posizione dei giorni scorsi, a Bruxelles il deputato austriaco dei Popolari Richard Seeber ha affermato che, sebbene si tratti di un discorso politicamente difficile, l’aumento delle tariffe sull’acqua “sembra allo stato attuale la migliore e più rapida soluzione applicabile per ottenere una riduzione dei consumi e conseguentemente degli sprechi”. L’eurodeputato, in una dichiarazione rilasciata al portale europeo EurActiv, ha precisato di non volere che ”l’aumento delle tariffe colpisca le persone con meno disponibilità economica”, ma un intervento è ”necessario per incentivare tutti gli utenti a fare un uso più responsabile delle risorse idriche”.
Una direttiva europea del 2000 imponeva ai Paesi membri di impostare, entro il 2010, piani tariffari finalizzati ad una ottimizzazione dei consumi idrici. I Paesi dell’Unione inoltre, per giustificare gli aumenti tariffari, avrebbero dovuto pubblicizzare al massimo gli interventi fatti ed i costi sostenuti, per il trattamento delle acque, la distribuzione e la manutenzione delle infrastrutture e la loro incidenza finale sulla bolletta.
Ma la realtà è che la direttiva è stata finora largamente inapplicata, le politiche sui prezzi non sono state varate ed invece i governi hanno ‘sovvenzionato’ i consumi, impedendo di fatto che si invertisse l’abitudine allo spreco. Una tendenza che secondo detto Lars H. Thunell, vice presidente esecutivo e amministratore delegato della International Finance Corporation (IFC), membro del Gruppo della Banca Mondiale, si manifesta nell’altissimo livello delle perdite, stabilmente attestato tra il 30 e il 40% di tutta l’acqua fornita alla rete europea dei consumi
I consumi attuali nella Ue vanno dai 300 ai 600 litri per persona al giorno, solo i tedeschi, da primi della classe, sono riusciti a ridurli: negli ultimi vent’anni sono calati del 17% attestandosi sui 122 litri al giorno. La soluzione, secondo l’eurodeputato austriaco, sarebbe quella di fissare un quantitativo standard free, intorno ai 200 litri giornalieri e delle forti penalizzazioni per chi lo supera per scopi non essenziali, come l’irrigazione del giardino o il riempimento della piscina.
Ma fissare una quota base uguale per ogni Paese non sembra una soluzione praticabile e questo per l’abissale diversità di consumi e costi vigenti dei diversi Stati dell’Unione. In Bulgaria, ad esempio, gli sprechi sono del 50% mentre in Germania non arrivano al 5%. Per le tariffe la Gran Bretagna applica un conguaglio a fine anno sulla base dei costi indicati dai distributori, mentre nei Paesi dell’Est europeo, dove il servizio era ampiamente sovvenzionato dallo Stato durante i regimi comunisti, i prezzi al pubblico sono quintuplicati.
Secondo la Banca Mondiale il costo dei servizi idrici non dovrebbe superare il 5% del reddito familiare, il che vuol dire, facendo riferimento all’Italia dove uno stipendio medio annuo si aggira sui 19.250euro (dichiarazioni dei redditi del 2011), che l’acqua dovrebbe costare 962euro all’anno, pari a 160euro a bimestre, 2,6euro al giorno. Non sembra poco. ADNKRONOS